lunedì, 18 Novembre 2024

Brasile: le guerre di religione di Lula e Bolsonaro

Ricche di colpi di scena, in Brasile le elezioni dello scorso 30 ottobre vinte da Lula per una percentuale risicatissima (50,9% contro il 49,1% di Bolsonaro) sono state influenzate profondamente dal ruolo della religione, tra le istanze dei cattolici e degli evangelici, in particolare nella loro corrente pentecostale, questi ultimi una forza demografica e un bacino elettorale sempre più importante in tutta l’America Latina.

Quello religioso è un fattore che si è rivelato determinante nelle campagne politiche di entrambi i candidati. Infatti, la Chiesa cattolica e il variegato mondo delle denominazioni protestanti sono stati un importantissimo campo di battaglia di una “guerra santa” senza precedenti. Mentre gli evangelici si sono allineati con il populismo di estrema destra di Bolsonaro, molti vescovi cattolici hanno preferito schierarsi con il neoeletto Lula.

Messe e raduni religiosi di massa hanno offerto un terreno fertile per i comizi elettorali dei due candidati usciti vincitori al primo turno di inizio ottobre. Soprattutto il presidente uscente Jair Bolsonaro, che ha calcato gli altari di varie mega-churches evangeliche. Il controverso ex presidente può contare vari legami personali e familiari con questa comunità religiosa, nonostante la sua fede cattolica. E proprio il voto degli evangelici è stato fondamentale per gli equilibri politici interni del Brasile nelle ultime decadi e la conseguente vittoria di Bolsonaro nel 2018.

Los evangélicos y el hermano Bolsonaro
Cristiani evangelici in preghiera per Bolsonaro (Fonte: nuso.org).

L’ondata pentecostale

L’America Latina è da sempre stata un’area di egemonia incontrastata per la Chiesa cattolica. Il dominio spagnolo e portoghese ha impiantato profondamente le istituzioni del Vaticano nel tessuto sociale delle nuove repubbliche latinoamericane sorte a inizio Ottocento. In particolare, forte della sua potenza demografica, il Brasile è il paese con più abitanti di religione cattolica al mondo (circa 123 milioni di fedeli).

Tuttavia, la forte ascesa degli evangelici, specialmente delle denominazioni pentecostali, ha stravolto questo equilibrio consolidato. In particolare, le chiese evangeliche della cosiddetta Bible belt statunitense stanno incontrando un enorme successo in tutta la regione. Ciò avviene a scapito della Chiesa cattolica, che ogni anno subisce una costante emorragia di fedeli. Ad oggi, il Brasile è il paese con più pentecostali al mondo, una comunità in continua crescita, che nel 2019 corrispondeva a circa il 31% della popolazione brasiliana.

Esiste un universo di congregazioni e gruppi di preghiera che raggiunge ogni settore della società brasiliana, specialmente i contesti più poveri e disagiati. Le correnti cristiane evangeliche pongono l’accento sullo studio letterale e acritico della Bibbia ed enfatizzano le manifestazioni dello Spirito Santo. Questo viene invocato attraverso la preghiera e la trance indotta dal canto e dalla musica, che sfocia nella spettacolarizzazione delle cerimonie religiose. Al contempo, la comunità si aggrega attorno a pastori carismatici che diventano ben presto figure molto influenti a livello politico e mediatico.

Gli ambienti pentecostali spesso costituiscono gruppi di pressione per politiche di destra identitarie e militariste. Con la presidenza di Bolsonaro sono riusciti a occupare incarichi importanti come il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Educazione. Sono fermamente contrari alla cosiddetta “ideologia di genere”, all’aborto, ai matrimoni omosessuali, ma anche a maggiori diritti ai popoli indigeni e alle questioni ambientali, queste ultime di vitale urgenza in Brasile.

Tra le congregazioni più diffuse svetta la Chiesa Universale del Regno di Dio (IURD) fondata a San Paolo. Un’organizzazione con milioni di fedeli in tutto il mondo e numerose controversie giudiziarie alle spalle. Come nel 2018, la Chiesa ha appoggiato la campagna di Bolsonaro, paragonando il Partito dei Lavoratori (PT) a niente meno che Satana, così come aveva fatto in passato con i cattolici e tutti gli altri gruppi religiosi.

Lula alla conquista del voto religioso

Uscito vittorioso per la terza volta nella sua carriera politica, per Lula queste elezioni sono state un cammino in salita. Come suggerisce lo slogan della campagna politica di Bolsonaro, “Brasile prima di tutto, Dio prima di tutti“, i voti dei cristiani sia cattolici che evangelici sembravano ormai indirizzati verso l’estrema destra. Michelle Bolsonaro, la moglie del presidente uscente, era regolarmente affiliata all’Assembleia de Deus Vitória em Cristo, un’altra enorme chiesa pentecostale basata a Rio de Janeiro. A consolidare definitivamente il matrimonio tra gli evangelici e Jair Bolsonaro è stato il suo battesimo nelle acque del fiume Giordano durante un viaggio in Israele nel 2016. In tale occasione ha anche adottato il suo secondo nome attuale, Messias, consacrandosi come vero e proprio “messia” degli evangelici brasiliani.

In aggiunta, Bolsonaro e i suoi figli, attivissimi sulle reti sociali, hanno fatto di tutto per demonizzare la figura politica del leader del PT attraverso la diffusione di varie fake news. Ad esempio, una notizia falsa circolata molto in rete annunciava che Lula una volta eletto avrebbe chiuso tutte le chiese cristiane del paese. Inoltre, a spaventare i cristiani conservatori è stato il ritornello, già sentito in varie occasioni in altri paesi latinoamericani (basti pensare al referendum costituzionale cileno e alle elezioni presidenziali colombiane) per cui il Brasile sarebbe diventato “come il Venezuela”.

In risposta allo spauracchio di una deriva marxista, Lula, di famiglia cattolica, ha tentato di ripulire la sua immagine di ateo di sinistra. Infatti, si è approcciato agli esponenti evangelici più moderati e al contempo ha rafforzato la sua immagine di cattolico praticante. Ha condotto vari incontri con preti e pastori, partecipando alle funzioni religiose e dipingendosi come un uomo di fede, nonché favorevole alla libertà di culto.

A coronare il suo improvviso interessamento alla religione, nel suo primo discorso da presidente eletto, Lula ha volutamente ringraziato Dio per il risultato ottenuto. L’ennesima riconferma del fatto che queste elezioni siano state influenzate pesantemente dall’intrusione di dinamiche religiose, diventate ancora più pesanti rispetto alle scorse tornate elettorali.

La radicalizzazione politica e la religione in Brasile

Sulla scia dell’assalto al Campidoglio dello scorso anno, anche in Brasile si stanno avendo disordini in seguito alla comunicazione dei risultati delle elezioni. I camionisti hanno bloccato le strade di tutto il paese e migliaia di bolsonaristi sono scesi a protestare davanti alle caserme invitando i militari a prendere il potere con la forza. Mentre i suoi elettori erano per le strade a invocare il colpo di Stato, la reazione di Bolsonaro alla sconfitta si è fatta attendere. A due giorni dalle elezioni, nel suo primo discorso pubblico non ha accettato esplicitamente la sconfitta, confermando la promessa fatta in campagna elettorale. Al contempo, pur simpatizzando per i manifestanti, non ha fatto riferimento a un golpe militare.

In definitiva, il Brasile che è uscito da queste elezioni è un paese profondamente diviso tra due fazioni. Una divisione che ha riguardato ogni ambito della società, arrivando anche a investire i singoli nuclei familiari e i contesti di lavoro. Anche le celebrità come il calciatore Neymar Júnior, aperto sostenitore di Bolsonaro, sono diventate mezzo di propaganda e radicalizzazione.

In questo contesto, la religione ha catalizzato l’odio politico e l’intolleranza. E mentre Lula e Bolsonaro l’hanno strumentalizzata ciascuno a suo modo, le elezioni si sono macchiate di vari episodi di violenza. Basti pensare ai vari omicidi politici registrati dall’inizio dello scontro elettorale. Oppure alla deputata di estrema destra Carla Zambelli, che il giorno prima delle elezioni ha inseguito un elettore di Lula minacciandolo con un’arma da fuoco.

Il futuro del gigante latinoamericano resta incerto, condizionato dal clima di tensione tra la popolazione. Lo scontro ideologico si è rivelato totale, riguardando non solo l’appartenenza religiosa, ma anche una grande pluralità di temi. Il disboscamento fuori controllo dell’Amazzonia, i nostalgici della dittatura militare, le discriminazioni razziali, la gestione del Covid-19, sono tutti temi per cui la divisione non trova rimedio. La sfida di Lula sarà riconciliare e ricucire un paese lacerato, cercando di riportare al centro il dialogo. Intanto, le istanze reazionarie, sostenute appieno da un gruppo religioso oscurantista sempre più potente, non sembrano affievolirsi e fanno tornare alla mente le scene grottesche di Capitol Hill dello scorso anno.

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

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