lunedì, 18 Novembre 2024

Baudelaire: il Copernico della poesia


Baudelaire nasce a Parigi nel 1821, contemporaneamente a Flaubert. I due, condannati nel 1857 per I Fiori del Male e Madame Bovary, raffigurano l’uno la rottura in poesia e l’altro in prosa. Baudelaire, definito da Alberto Savinio il Copernico della poesia, ride del disprezzo dei contemporanei. Consapevole della sua diversità, erge sé stesso oltre la denigrazione.

L’accusa principale che i giudici gli muovevano era la stessa fatta a Flaubert, era il realismo: “Quella febbre malsana che porta a dipingere tutto, a descrivere tutto, a dire tutto” che il sostituto procuratore Pinard rimproverò a Baudelaire, e che attirava gli occhi dei sonnambuli del Secondo impero sulla realtà delle cose che erano state nascoste dal regime napoleonico.

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (p.13)

Lo scrittore, sotto regime napoleonico, ha innescato e fatto scoppiare figure pericolose, con cui avrebbe potuto svegliare i dormienti. Nel suo poetare si muove per immagini: dipinge con le parole e la lingua stessa è il contenuto che la veste. Le blasfemie politiche rischiano di dare una pubblicità indesiderata ed è allora che il Baudelaire trentaseienne diventa il ragazzino “inconscio”: è un’umiliazione atta a nascondere il vaso scoperto di Pandora.

Ma il colpo di frusta era stato inflitto, e le parole del poeta che aveva come massima aspirazione la “coscienza nel Male” erano state ridicolizzate: per i giudici Baudelaire “non aveva avuto coscienza” di ciò che aveva fatto, era un irresponsabile, come un ragazzino.

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (p.13).

Incompreso dai critici e ridicolizzato astutamente dai giudici, si considera Baudelaire dandy, pazzo e adolescente.

I Fiori del Male

Ma in cosa consiste I Fiori del Male? La raccolta, divisa in sei parti, evoca un profondo dramma interiore. Il poeta tenta, progressivamente, di fuggire all’orrore della vita: combatte contro di sé e cerca “mezzi di evasione” per liberare l’anima dalla noia. Ma rimane rinchiuso nella sua prigione e l’esasperazione della delusione culmina nella ribellione contro Dio. La morte è ciò che chiede come estrema ricerca di pace, in un’apocalisse dentro e fuori dal mondo. In un’opera ove i capitalisti sono vampiri, il principe un tiranno, i figli di Caino i proletari oppressi e quelli di Abele avari borghesi, Dio è il sadico e Satana il rivoluzionario. Si alternano e mescolano sensualità, sfruttamento, ordine, sangue: nella contraddizione (sua idea di bellezza), si cela il capolavoro.

Baudelaire non è più un romantico?

Baudelaire in Les Fleurs du Mal, secondo Hugo Friedrich, non è romantico. Non vi è causalità d’ispirazione: l’opera ha un percorso predefinito in una struttura metrica rigida. Lo scrittore spersonalizzato dalla poesia, la uccide e la rende mortale. L’autore tratta sì di sé stesso, ma nel parlare di sé racconta l’uomo: si usa in funzione universale. E dialoga con il lettore, ipocrita come lui, schiudendo immagini in una lingua doppia. Tramite le medesime immagini, Baudelaire, che è per Walter Benjamin l’allegoria della modernità, rompe la realtà e sfida il sistema tolemaico.

Le Cygne, passato e presente


Andromaca, io penso a voi! Questo rigagnolo,
povero e triste specchio dove un tempo risplendé
l’immensa maestà dei vostri dolori di vedova,
questo Simoenta menzognero che crebbe con le vostre lacrime,

ha fecondato la mia memoria fertile,
mentre attraversavo il nuovo Carrousel.
La vecchia Parigi non è più (la forma di una città
cambia più in fretta, ahimè! che il cuore di un mortale);

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (Il Cigno, p.647).


La lirica appartiene alla seconda sezione dell’opera e si apre con il nome di Andromaca, schiudendo una relazione virgiliana. L’antichità è, però, decontestualizzata:

Baudelaire cita i suoi “classici” ritagliandone dei pezzi e rimettendoli insieme in maniera che dicano altro: è la sua tecnica del collage, in cui i “ricordi” classici sono decontestualizzati e, come qui, o come in Sed non satiata, sono trasformati nel contrario di ciò che si intende per classicità.

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (p.651).

Come denota Giuseppe Montesano, l’alessandrino classico viene sabotato da cesure non-classiche, fintantoché, nella seconda strofa, non si torna dal passato al presente. Si delineano i fatti del 1848: il petit flueve che nell’Illiade è il Simoenta colmo del sangue dei nemici non è altro che il rigagnolo d’acqua sporca che passa per la nuova piazza di Carrousel. Il Simoenta rimanda al “massacro di Carrousel”: quando sono stati uccisi i rivoltosi delle fortificazioni di giugno.

Baudelaire trasforma la contestazione in poesia, l’allegoria in denuncia e il cigno evaso della gabbia è lui che si trascina su una terra non sua. E mentre l’immagine si materializza e si trascende il tempo, Parigi è una città che cambia, mentre il cigno, ridicolo e sublime, è perso e uguale a sé stesso.

io vidi un cigno che era evaso dalla gabbia,
e, con i piedi palmati sfregando il selciato secco,
sul suolo accidentato trascinava il suo bianco piumaggio.

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (Il Cigno, p.647).

Alienazione moderna e Spleen


Lo Spleen è una sorta di Malinconia o Melanconia che colpisce il corpo e la mente, coi sintomi che somigliano in parte a quelli della depressione e in parte a quelli dell’ansia, una serie di stati d’animo nevrotici nei quali dominano la tristezza, lo scoraggiamento, l’impotenza, l’inazione e il disgusto, ma dove non mancano gli improvvisi scatti di rabbia.

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (p.72).

“Il Cigno” è un tentativo vano di resistenza alla natura spleenetica mediante la città, l’emblema dell’artificio. Già Rousseau, nella Nuova Eloisa, esterna nel suo protagonista il senso d’alienazione e di solitudine derivante dalla nuova Parigi, un vasto deserto del mondo. Per Erich Fromm la malattia dell’uomo moderno consiste nell’alienazione, nell’estraniarsi dal proprio vero sé e nel rifugiarsi in un falso. E Baudelaire, il cigno evaso, è anch’esso vittima di un subdolo squilibrio. Ma l’Io del poeta non cede, la rabbia è rinchiusa e la lotta continua, anche se il cigno è senz’acqua e col becco aperto.

Baudelaire, immortale e mortale

Baudelaire è il diverso, lo scrittore che dichiara l’ascesa del dominio della prosa in una società capitalistica. Già giovane, si chiede se definirsi Poeta sia un elogio o un insulto:

e a ventiquattro anni gridava lucidamente: “Poeta è un insulto o un complimento?”. Più di vent’anni dopo, sul finire della vita, Baudelaire rispose alla sua stessa domanda senza più esitare: nel tempo in cui il vero Poeta è il capitalista che porta con sé la “prosa del mondo”, poiché è lui solo che plasma le anime e la realtà in nome della nuova e sacra alleanza tra il Denaro e la Tecnica, essere definito o definirsi Poeta è un insulto.

Giuseppe Montesano, Baudelaire è vivo, I fiori del male tradotti e raccontati con Lo Spleen di Parigi, I Relitti e i Nuovi Fiori del male, Giunti Editore, Milano 2021, (p.24).

In Perdita d’aureola l’uomo smarrisce l’aureola della Poesia nel fango. Come il cigno la Poesia è in una terra non sua, in una città che è il vasto deserto del mondo di Rousseau. Così la Poesia diviene di chi la estorce, in una contemporaneità di massa e d’imitazione. Baudelaire è il pazzo, ma è anche il dandy e il ragazzino inconscio, il poeta e l’emarginato. Nella conflittualità intrinseca dei Fiori del Male arriva alla morte e insieme si rende immortale, quando nelle lettere alla madre si domanda la vita stessa.

Francesca Garavalli
Francesca Garavallihttps://www.sistemacritico.it/
Laureata al corso di laurea "culture letterarie europee", a Bologna, dove si studia letteratura con un pizzico di français. Mai interrompermi durante una lettura, il resto della giornata, però, so anche essere gentile.

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