Dimora di molte specie marine, la Grande Barriera corallina è la più grande estensione di corallo al mondo. Si estende per 2300 km ed è composta da oltre 2900 barriere coralline singole e da 900 isole.
Recentemente, però, il suo deterioramento, denominato sbiancamento, è arrivato al 98%.
Ma di cosa stiamo parlando? Di un ecosistema complesso e allo stesso tempo fragile, minacciato dagli effetti del cambiamento climatico, dall’inquinamento e dalle attività umane.
Proviamo, però, a capire meglio come si è arrivati a questa situazione.
Cos’è la barriera corallina e chi ci vive?
La Grande Barriera Corallina, con i suoi 2300 km, è il più grande sistema corallino del mondo. È composta da formazioni rocciose sottomarine e accresce grazie alla sedimentazione degli scheletri calcarei dei coralli. Questi si formano grazie alla luce catturata dai pigmenti fotosintetici delle alghe che vivono in simbiosi con i coralli.
Ospita oltre 1600 specie di pesci, 411 specie di coralli duri e 150 specie di coralli morbidi, più di 30 specie di balene e delfini e 6 delle 7 specie di tartarughe marine viventi al mondo. Situata al largo del Queensland, nell’Australia nord-orientale, è stata inclusa nella lista dei Patrimoni dell’Umanità nel 1981.
Siccome presenta una grandissima biodiversità, gran parte di questo ecosistema è protetto dal Parco Marino della Grande Barriera Corallina, che, tra le altre cose, contribuisce a limitare l’impatto umano, soprattutto il sovrasfruttamento e il turismo.
Ma l’uomo non è il solo pericolo per questa meraviglia della natura: la qualità delle acque di deflusso, il cambiamento climatico insieme allo sbiancamento dei coralli giocano un ruolo primario nel suo deterioramento.
Lo sbiancamento dei coralli
Lo sbiancamento dei coralli (coral bleaching) è la perdita delle zooxantelle (i microorganismi fotosintetici) e la conseguente de-pigmentazione del corallo. Questo fenomeno avviene naturalmente ed è un segno tangibile della reazione a qualche forma di stress del corallo. È un processo irreversibile che causa lentamente la morte del polipo. Dato che questo vive in simbiosi con il corallo, se non riesce più a nutrirsi adeguatamente, causa la morte del corallo stesso.
Sebbene anche numerose perturbazioni ambientali possano causare l’espulsione delle zooxantelle dalle cellule dei polipi, la principale causa è da attribuire al cambiamento climatico. In particolare, la temperatura dell’acqua superiore alla media per lunghi periodi.
L’importanza della barriera
Se si pensa che la grande biodiversità delle barriere sia solo di interesse ai biologi marini, ci si sbaglia di grosso. La barriera corallina è infatti la casa di un numero molto alto di specie di animali e vegetali che sono state poi impiegate, per esempio, nella fabbricazione di nuovi farmaci per la cura di malattie degenerative e del cancro.
L’esistenza delle barriere coralline è molto importante anche per la sopravvivenza del pianeta, soprattutto per quanto concerne la protezione delle linee di costa. In caso di assenza di questi “ripari naturali”, le coste sarebbero travolte dalla violenza delle onde marine. Si ipotizza, infatti, che ben il 97% dell’energia provocata da onde, tempeste ed inondazioni venga dissipata dalle barriere coralline. Di conseguenza anche gli allevamenti di pesce e gamberetti, che si stanno diffondendo nei Paesi tropicali, andrebbero distrutti.
Rapporto CNN
Le barriere coralline stanno lentamente morendo.
Un rapporto del 2019 dell’Autorità del Parco Marino della Grande Barriera Corallina ha indicato un deterioramento delle prospettive a lungo termine per l’ecosistema, passate da “scarse” a “molto scarse”. Inoltre, il documento “Impacts of Climate Change on World Heritage Coral Reefs: – Update to the First Global Scientific Assessment” ha rilevato che la Grande Barriera Corallina cesserà di essere un ecosistema funzionale entro la fine del secolo.
Un secondo rapporto della CNN datato 21 giugno 2021 ha affermato che, nonostante l’impegno del governo australiano per rimediare, la barriera sta affrontando un serio pericolo.
A causa del grande sbiancamento dei coralli, quest’anno la barriera ha rischiato di essere inclusa nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità “in pericolo”.
Il piano dell’Australia
Il Comitato dell’UNESCO, tuttavia, ha chiesto al governo australiano di redigere entro febbraio 2022 un rapporto sugli sforzi messi in atto per salvaguardarne l’integrità. È nato così il Reef 2050 Long-Term Sustainability Plan 2021-25 – DAWE. Il documento cita gli eventi di sbiancamento di massa avvenuti nel 2016, nel 2017 e nel 2020.
L’unica alternativa proposta dal Governo è quella di abbassare le emissioni di carbonio, arrivando all’obiettivo di zero emissioni nel 2050.
Un piano a lungo termine, ritenuto quasi insufficiente per Greenpeace:
«Da anni gli esperti ci mettono in guardia sugli impatti del cambiamento climatico sulle barriere coralline tropicali. Quanti altri campanelli d’allarme dobbiamo aspettare prima di fare le scelte giuste? Dimezzare le emissioni di gas serra e tutelare le zone più sensibili dei nostri mari è l’unico modo di evitare che ecosistemi così preziosi scompaiano con gravi conseguenze anche per l’uomo».
Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia
Il primo ministro australiano Scott Morrison ha anche sottolineato che il piano non includerà la fine dell’industria dei combustibili fossili in Australia e che il governo non fisserà obiettivi troppo ambiziosi per il 2030:
«Vogliamo che le nostre industrie pesanti, come quella mineraria, restino aperte, competitive e si adattino, in modo che rimangano vitali finché la domanda globale lo consentirà».
Greenpeace Australia Pacific, però, fa notare che:
«Il piano di Scott Morrison, annunciato oggi a Canberra, è scarso nei dettagli, prevedendo che la tecnologia “ancora da sviluppare” ridurrà le emissioni del 40%, mentre le compensazioni copriranno almeno il 10-20% delle emissioni entro il 2050. Queste proiezioni non sono semplicemente credibili. Il modo migliore per ridurre le emissioni è sostituire i combustibili fossili con fonti di energia pulita (l’eolico e il solare supportati da batterie). I piani per versare miliardi di dollari nella Carbon capture and storage e in altre tecnologie simili, mostrano che Morrison non è serio riguardo alla crisi climatica».
Agire subito
Sebbene qualche passo in più si sia fatto, ciò risulta ancora insufficiente per salvaguardare un importante ecosistema come la barriera corallina.
Si stima che circa il 91% dei coralli di tutta la barriera abbia avuto a che fare con problemi di sbiancamento negli ultimi venti anni. Ma se non si agisce subito non sarà più possibile contare sulla resilienza naturale della specie.
Se i Governi non interverranno tempestivamente, diventerà sempre più concreto il rischio di perdere, per sempre, inestimabili patrimoni sottomarini.