lunedì, 18 Novembre 2024

Babylon: l’elefante nella stanza di Chazelle

Babylon, la nuova fatica di Damien Chazelle si prospetta come una sfida, sia per il regista, sia per lo spettatore. L’acclamato regista di La La Land e Whiplash firma un colossal di tre ore in cui assistiamo al primo periodo di crisi per Hollywood, il passaggio dal muto al sonoro. Il film segue l’ascesa e il crollo di tre personaggi: il divo alcolizzato Jack Conrad (Brad Pitt), l’attrice in ascesa Nellie LaRoy (Margot Robbie) e l’assistente factotum di Jack, Manuel ‘’Manny’’ Torres (Diego Calva), immigrato messicano pronto a tutto pur di diventare qualcuno nella Hollywood degli anni ’20.

Benchè il film tratti di un periodo storico che potrebbe far gola solo ai cinefili incalliti, Babylon sa intrattenere con il gusto dell’eccessivo, del grottesco e del carnevalesco. La sequenza iniziale, della durata di 30 minuti, ci fa immergere in una festa barocca, con uno stile di regia dinamico e iper-cinetico. Damien Chazelle dimostra di amare le grandi scene corali, dove lo spettatore si perde, piuttosto che essere condotto.

Nellie LaRoy, interpretata da Margot Robbie (credit: https://www.rollingstone.it/cinema-tv/film/la-formula-imperfetta-di-babylon/706299/)

Amore e odio

Drammatizzando il passaggio dal muto al sonoro, il film non riesce però a farci entrare nelle scarpe dei personaggi, che rimangono indifferenti. La storia d’amore non convince, non è memorabile e straziante come quella fra Sebastian e Mia in La La Land (2016). Lo script spinge l’acceleratore sul dinamismo di un ritratto di Hollywood chiassoso ed esuberante, ma, durante le tre ore di film, le vicende di Nellie e Manny, che dovrebbe essere il collante e il filo conduttore della storia, va a perdersi per scomparire del tutto.

È una dichiarazione d’amore e odio non tanto verso un cinema passato, quanto l’idea di quel cinema. Le lunghe sequenze iniziali sono divertenti, stimolanti, lasciano a bocca aperta. Tutto è esagerato, lucido, sfavillante. Chazelle sembra voler far la parte di un apologeta, e allo stesso tempo di un critico, di quello star system caotico, roboante e a tratti non-sense che doveva essere la Hollywood a cavallo fra gli anni ’20 e ’30.

“Come alla fine di un sogno”

Chazelle parla di quel cinema mostrandone il suo doppio volto: lo sfruttamento della prostituzione, l’eccesso di droghe, le morti bianche durante le riprese, la feticizzazione degli artisti jazz (che proprio in quel momento diventava anche musica per bianchi) diventano più importanti lì dove si passa al sonoro, che rende l’atmosfera del film più cupa, oscura e a tratti horror.

La scena della “discesa agli Inferi” di Manny, guidata da James McKay, interpretato da Tobey Maguire, fa sì da contraltare alla sensuale, chiassosa scena iniziale, ma è anche il simbolo di quella che è l’altra faccia della medaglia. Chazelle critica e ci mostra quanto, in fondo, la macchina dei sogni sia alimentata da corpi e sogni spezzati. Manny, Nellie e Konrad sono tutte vittime della logica dello star system dove se non ci si adatta, si svanisce. Come alla fine di un sogno.

Babylon: il cinema rimane o scompare?

Se dal punto di vista della sceneggiatura è un film che ha dei vistosi problemi, non riuscendo a coinvolgere lo spettatore nelle storie dei personaggi principali, la messa in scena è magnetica. Non si riesce a staccare gli occhi di dosso dal virtuosismo tutto giovanile di un regista a cui poco sembra importare del buon gusto o della sobrietà. È un film straordinariamente sopra le righe che ha il suo punto di forza nelle atmosfere patinate, sfavillanti e quasi oniriche di una Los Angeles che è il luogo dove i sogni diventano realtà.

Chazelle è quell’elefante nella stanza, nello star system attuale, che si è posto la stessa domanda che sottende tutto il film: per quanto la tecnologia cambi, il cinema è destinato a scomparire o a rimanere? Lo streaming, la parcellizzazione e la frammentazione dell’immaginario a cui assistiamo quotidianamente e nel quale si troviamo, non è altro che un’altra prova che le narrazioni audiovisive sono destinate ad affrontare e a superare. È certo che alcune forme di cinema sono però destinate a scomparire, e Babylon è una realtà di queste.

Il regista Damien Chazelle durante la presentazione del film a Roma (credit: ANSA/Ettore Ferrari)
Enrico Scarsella
Enrico Scarsella
Nato nel '98 a L'Aquila, italo-venezuelano, laureato in Lettere Moderne, studente di Italianistica a Bologna. Drammaturgo mancato dopo un testo fallimentare e uno censurato, ex co-conduttore di un podcast su serie tv, film e musica. Scribacchio per passione corti cinematografici che non vedranno mai la luce e racconti che non avranno mai lettori. Amante delle letterature straniere, anarchico nel midollo, appassionato tanto di Wagner quanto di techno, il mio più grande nemico è il Tempo.

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