Legarsi alla Montagna è un’opera dell’artista sarda Maria Lai, realizzata tra il 6 e l’8 settembre 1981 a Ulassai, comune di poco più di mille abitanti nella provincia di Nuoro, in Sardegna. L’evento è stato considerato la prima opera di arte relazionale in Italia.
Nel 1980 Antioco Podda, sindaco della città natale di Lai, chiede all’artista di realizzare un monumento ai Caduti in Guerra. Lei si era rifiuta, desiderando invece destinare i fondi alla creazione di un’opera per “celebrare i vivi”. Ottenuto il consenso, Lai invita gli abitanti a realizzare un nastro lungo 27 km, tagliando grandi rotoli di tela azzurra. Il nastro viene poi distribuito fra le case del borgo e legato attraverso porte, finestre e terrazze a tutte le abitazioni. Infine, una squadra di alpinisti lo collega al Monte Gedili, l’altura che sovrasta il paese, luogo dal forte valore simbolico per i suoi abitanti.
Maria Lai
Maria Lai (Ulassai, 27 settembre 1919 – Cardedu, 16 aprile 2013) è stata un’artista italiana. Ha iniziato la sua carriera aprendo uno studio a Roma negli anni ’50, dopo essersi formata all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Negli anni ’60 si lega alle correnti allora emergenti dell’Arte Povera e dell’Informale. Nonostante i molti anni passati lontano dal paese natale, l’opera di Lai è sempre stata fortemente legata alla cultura e alle tradizioni sarde.
Legarsi alla Montagna prende ispirazione da un’antica leggenda di Ulassai, La grotta degli antichi. Una bambina, mandata sulla montagna del paese a portare del pane ai pastori, viene sorpresa con loro dall’arrivo di una tempesta. Tutti si riparano quindi in una grotta, aspettando la fine della bufera. Ad un certo punto un nastro azzurro, trasportato dal vento, passa davanti all’entrata della spelonca. I pastori non si curano di quella che reputano una frivolezza, mentre la bambina lo rincorre fuori dalla grotta. È così che riesce a salvarsi dalla frana che inghiotte tutto il resto delle greggi e degli uomini.
La bambina, sostiene l’artista, ancora capace di stupore, è la sola che ha il coraggio di seguire il suo istinto e la direzione della salvezza rappresentata dal nastro. Il filo per Lai diventa metafora dell’arte, in un momento storico in cui il mondo le sembra minacciato da continue frane, come la montagna minaccia da sempre il paese di Ulassai.
L’opera “per i vivi” di Lai
Il progetto che Lai vuole realizzare si scontra all’inizio con la difficoltà per molti abitanti di legarsi tra loro, a causa di antichi rancori e odi. L’artista si impegna quindi a incontrare e ascoltare una per una le famiglie del luogo, ideando infine segni diversi a seconda del tipo di rapporto che intercorreva tra loro. Qualora vi fossero stati motivi d’odio il nastro, pur legando le persone, sarebbe rimasto teso. Dove invece si vedeva una possibilità di riappacificazione, si sarebbe stretto un nodo. Se le persone avessero avuto un legame di amicizia ci sarebbe stato un fiocco. Infine, se fossero state unite dall’amore, al nastro sarebbe stato legato un pane della festa (pagnotte incise e decorate da ricami caratteristiche della tradizione sarda).
Quella che Maria Lai immagina è quindi un’opera per ri-tessere i legami tra i cittadini, attraverso il telaio della città, della montagna e del patrimonio di tradizioni che li accomunano. L’artista lo definisce “un racconto corale”, nato dal desiderio di rimettere insieme ciò che si era disgregato e dargli nuove forme, superando le frammentazioni e le distanze. Il nastro, l’arte, riscopre il suo valore terapeutico nel restituire un nuovo senso di comunità.
Arte relazionale
Teorizzata da Nicolas Bourriaud nel saggio Estetica relazionale (1998) l’arte relazionale si pone, come Legarsi alla Montagna, lo scopo di proporre nuove possibilità di scambio e dialogo. È una forma artistica che si svilupperà soprattutto a partire dagli ’90, ma che prende le mosse già dall’opera di Maria Lai e di altri artisti suoi contemporanei.
L’opera relazionale, non è legata all’originalità e capacità tecnica di un singolo autore, ma, come in questo caso, “autore” diventa l’insieme delle persone, dei cittadini che vi partecipa. Ogni individuo entra a far parte della nuova comunità che dà vita all’opera, un’elaborazione di gruppo.
Lo scopo non è più ottenere un oggetto concreto, il quadro, ma più importante è il processo di creazione, che unisce le persone e genera nuove relazioni.
Il ruolo dell’arte nella società globalizzata
Questo nuovo tipo di espressione artistica scaturisce da una profonda riflessione sui cambiamenti dei rapporti all’interno di una società sempre più globalizzata. La grande accelerazione del processo economico iniziata negli anni ‘80 porta mercati, produzioni, consumi, ma anche modi di vivere e di pensare a essere sempre più connessi su scala mondiale. A una più libera circolazione di denaro e merci, priva di barriere nazionali, si affiancano la diffusione della rete e di internet.
I nuovi mezzi di comunicazione permettono a chiunque di dialogare in modo praticamente istantaneo. Il mondo sembra sempre più piccolo e a portata di mano, vengono meno i limiti di spazio e tempo. L’uomo, anche se confinato sempre più all’interno delle pareti domestiche, crede però che esse abbiano le dimensioni virtuali del mondo intero. Si ha la sensazione di poter essere con un click al di là dei limiti imposti dalla propria collocazione fisica, dal proprio confine corporeo.
Questa interconnessione ha certamente reso gusti, abitudini, opinioni, convinzioni politiche e religiose sempre più accessibili, ma allo stesso tempo omologati a un unico “modello di sé globale”. Paradossalmente però gli spazi sociali, le occasioni di incontro e comunicazione tra individui sembrano diventare più ridotti e trascurati. L’uomo non si rende conto di essere sempre più isolato.
Questo, secondo Bourriaud, ha generato relazioni sociali standardizzate e prevedibili che hanno perso spontaneità e non sono vissute in profondità. Anche i legami sociali sembrano essere diventati prodotti industriali in serie.
L’autore vede perciò nell’arte una possibile soluzione alla crescente disgregazione della socialità contemporanea. Essa può contribuire a modificare il pensiero e i rapporti interpersonali, creando spazi di riappropriazione della dimensione collettiva.
Se la relazione tra opera-autore e pubblico è sempre stata presente, essa acquista però con l’arte relazionale un’assoluta pregnanza. Le relazioni e il modo in cui gli individui interagiscono tra loro in tutta la loro complessità, diventano vera e autentica forma artistica.
Legarsi nell’epoca di internet
La diffusione di Internet ci fornisce ogni giorno nuovi spazi di comunicazione e comunità virtuali, rappresentando un enorme potenziale per lo sviluppo e l’evoluzione delle relazioni. La psichiatra Anna Carla Aufiero, sottolinea però che ciò che manca nelle interazioni dietro agli schermi è il corpo: il contatto fisico e visivo e tutto ciò che fa parte della comunicazione non verbale è tagliato fuori. Ci priviamo così di tutti quegli aspetti che rendono coinvolgente, reale e autentica una relazione.
Riguardando all’opera di Maria Lai, pur quarant’anni dopo, possiamo ritrovare il monito a ri-cucire i rapporti, a ritrovare l’importanza degli spazi di convivialità, la capacità di empatia e gestione delle emozioni. A seguire il nastro celeste come la bambina, uscire dalla nostra “grotta” virtuale per rischiare l’esperienza del nuovo e dell’incontro.