Il podcast Demoni Urbani, prodotto da Gli Ascoltabili, presenta lo spettacolo teatrale Amore Tossici, con la regia di Filippo Ferraresi e scritto da Giuseppe Paternò Raddusa.
Siamo sicuri di tante cose, senza saperlo. Siamo sicuri che, passando sulle strisce pedonali, nessun veicolo ci investirà. Abbiamo la certezza che mangiare un gelato è sempre la soluzione. Siamo certi che la signora anziana con il cane, quando ci vedrà passare, ci sorriderà. Siamo sicuri che useremo l’indice della mano sinistra per scrivere la lettera a sul computer, e che sarà un sacrificio dover puntualmente schiacciare un tasto diverso per il maiuscolo, ad inizio frase.
Esistono certezze scritte dentro di noi con l’inchiostro indelebile, che difficilmente riuscirebbero a sbiadire, o, addirittura, essere cancellate. Allo stesso tempo, alberga dentro di noi una parte di cui non siamo a conoscenza, quella per cui ci stupiamo di qualcosa di nuovo; quel piccolo frammento della nostra anima con cui non siamo mai venuti realmente a contatto.
Quella sostanza grigia del nostro pensiero che ci fa compiere mosse inaspettate, contrarie addirittura alla nostra persona, o a quella che pensavamo di essere. Quell’oblio, nascosto, che si nutre imperturbato del nostro inconscio, è lì, immobile. Alcuni, quest’oblio, lo chiamano demone.
Demoni Urbani: Francesco Migliaccio ci racconta cos’è il lato oscuro
E se guarderai a lungo in un abisso,
Nietzsche
anche l’abisso guarderà dentro di te
Basta una voce, un sussurro, un suono per svelare una verità. Lo sa bene Francesco Migliaccio che con le parole ha sviscerato una miriade di casi risolti e irrisolti. Al teatro Brancaccio di Roma il celebre podcast Demoni Urbani si svela nella sua concretezza più disarmante, nel tentativo di trasformare il verbo in azione.
L’attore milanese, la cui voce è oramai una delle più conosciute, racconta storie di vita vera, di amori passati, perduti, tossici. Il palco non necessita di molta scenografia: un’impalcatura, un’altalena, un tavolo, due sedie, un vaso di fiori. A guardarla, sembra ricordare un film in bianco e nero, frammenti di quadri agghiaccianti alla Hitchcock.
Le parole danzano a ritmo di canzoni celebri, si svestono di quei non detti che fanno paura a chi li ascolta e li guarda. Tre storie, tre amori malati, tre rapporti squilibrati.
Demoni urbani: Amori Tossici e le derive dell’animo umano
Il demone è per l’uomo la sua condotta,
Eraclito
la guida del suo condursi
Esiste un meccanismo nascosto nel subconscio secondo il quale proviamo una sorta di compiacimento nell’ascoltare le manifestazioni del male. È il motivo dell’esorbitante successo del podcast Demoni Urbani, o degli innumerevoli documentari, film, libri di genere crime.
Si parla, ovviamente, di una tipologia di male al di fuori di noi, che non ci tocca e che è lì, in un angolo; c’è, ma non (ri)guarda noi. Compiacimento perché, forse, ci rende migliori. Siamo convinti che noi, quelle cose, non potremmo mai farle. Uccidere per amore. Uccidere, amando.
Siamo spaventati, ma anche attratti dai demoni degli altri, perché sono innocui. Queste storie, però, non sono così tanto lontane da noi; sono anzi talmente vicine da poterle sentire sulla pelle: «e se dovesse succede a me?», ma soprattutto, «potrei amare e uccidere al tempo stesso?».
La voce di Francesco Migliaccio, nello spettacolo Amori Tossici, accompagna il pubblico nel lungo e inesorabile viaggio verso l’abisso. Tre storie di violenza, di scelleratezza, di morte. Tre storie d’amore, lontane, ma vicine.
Un qualcosa, seppur percepito da lontano, diviene inesorabilmente parte di noi; e, più entra dentro le nostre viscere, più è forte la voglia di estirparlo via.