Dagli anni ‘60 ma soprattutto a partire dagli anni ’70 con l’esplosione come fenomeno di massa del femminismo si verifica di conseguenza anche una crescita della visibilità delle poetesse, le quali cominciano a ragionare sul loro status all’interno della società. Amelia Rosselli fu una di queste.
La vita:
Nata nel 1930 a Parigi da Carlo Rosselli, militante antifascista e teorico del socialismo liberale e da Marion Catherine Cave, nata in Inghilterra e attivista del partito laburista britannico è già immersa sin da piccola in un’atmosfera politicizzata e impegnata. All’età di dieci anni perde il padre e lo zio, assassinati dalle milizie fasciste, cosa che determinerà il carattere introspettivo e personalissimo della sua opera.
Viaggia a seguito della madre inglese in molte delle metropoli occidentali, dalla Svizzera agli Stati Uniti, cosa che la porta a sviluppare nell’infanzia un trilinguismo: conosce italiano, inglese e francese ed ha compiuto studi musicali, filosofici, e letterari, ultimati in Inghilterra.
Nel dopoguerra si stabilisce a Roma, dove inizialmente pensa di fare la musicista d’avanguardia, per poi cominciare a scrivere, in tutte e tre le lingue che conosceva, orientandosi infine sempre più nell’italiano. Nel 1948 diventerà traduttrice, sfruttando la sua fortuna linguistica, per alcune case editrici fiorentine e per la Rai.
L’esordio:
Pubblica le raccolte relativamente tardi, anche se era già conosciuta negli ambienti culturali; in particolare fu legata al gruppo neoavanguardista, in particolare agli artisti d’avanguardia del Gruppo 63, ma in modo ambivalente, perché frequentava anche un poeta di tutt’altra specie, Pasolini, attraverso il cui aiuto pubblica un gruppo di liriche sulla rivista «Menabò», poi raccolte presso Garzanti in Variazioni belliche nel ’64, Serie Ospedaliera del ’69, Documento nel ’76 e Impromptu nell’81.
Negli anni sessanta inoltre si iscrisse al PCI e cominciò a pubblicare i suoi testi principalmente su riviste, attirando l’attenzione di nomi importanti quali Zanzotto e Raboni.
La morte della madre (avvenuta nel 1949) e altre drammatiche vicende biografiche quali la precoce morte del padre le causarono ricorrenti esaurimenti nervosi. Non accettò mai la diagnosi di schizofrenia paranoide che le venne fornita da cliniche svizzere e inglesi, ma parlò per lo più di lesioni al sistema extrapiramidale, connesse alla malattia di Parkinson, il cui esordio si manifestò già a 39 anni.
La poetica:
È rimasta una figura di scrittrice unica per il suo plurilinguismo e per il tentativo di fondere l’uso della lingua con l’universalismo della musica. Ha vissuto gli ultimi anni della sua vita a Roma, nella sua casa a via del Corallo, dove è morta suicida l’11 febbraio 1996 per cause connesse ad una grave depressione. La data del suicidio segna forse volontariamente un nesso indelebile con quella di Sylvia Plath, autrice che la Rosselli tradusse e amò, dedicandole anche diverse pagine critiche.
La poesia è vissuta come abbandono al flusso labirintico della vita psichica e dell’immaginario, producendo simultaneità e ubiquità della rappresentazione e l’abolizione tra pubblico e privato-sociale (i contenuti religiosi o politici si trasformano in dilatazioni della psiche individuale, oppure ancora la pronuncia assertiva si rovescia necessariamente in ottativa o interrogativa, e l’interlocutore-lettore, poiché il monologo interiore contiene una disperata volontà di colloquio, è coinvolto e rigettato: «cercatemi e fuoriuscite»). La sua operazione poetica è insieme autenticità assoluta e maschera mistificante: «Mi truccai a prete della poesia»
Tènere Crescite:
Tènere crescite mentre l’alba s’appressa tènere crescite
di quest’ansia o angoscia che non può amare né sé né
coloro che facendomi esistere mi distruggono. Tenerissima
la castrata notte quando dai singulti dell’incrociarsi
della piazza con strada sento stridori ineccepibili,
le strafottenti risa di giovanotti che ancora vivere
sanno se temere è morire. Nulla può distrarre il giovane
occhio di tanta disturbanza, tante strade a vuoto, le
case sono risacche per le risate. Mi ridono ora che le
imposte con solenne gesto rimpalmano altre angosce
di uomini ancor più piccoli e se consolandomi d’esser
ancora tra i vivi un credere, rivedo la tua gialla faccia
tesa, quella del quasi genio- è per sentire in tutto
il peso della noia il disturbarsi per così poco.
da Serie ospedaliera (1969).
Il suo secondo libro, Serie ospedaliera, in cui è contenuta questa poesia, è considerato dalla stessa Rosselli come libro da ricordare per il lavoro che vi aveva fatto sulla parola, sui suoni, sulla metrica (aveva reinventato tutti i suoi criteri esposti nel saggio Spazi metrici), e sull’elemento visivo: le poesie sono infatti scritte con caratteri speciali in modo tale che il testo si approssimi in una forma quadrata, da lei chiamata «forma-cubo».
Analisi:
Questo testo si riferisce all’esperienza della malattia e in particolare della malattia psichica che ha colpito la poetessa in una fase prolungata della sua vita. Il tema della malattia è un grande tema novecentesco e numerosi poeti porranno fine alla loro stessa vita, come Pavese.
Il punto di vista del malato può diventare un punto di vista spietatamente lucido sulla realtà, un punto di vista capace di smascherare quanto di inautentico si annida nei meccanismi della vita sociale. In questo caso, ad esempio la poesia rappresenta il punto di vista della malata e rappresenta attorno alla malata alcuni fatti e le cure di alcune persone che sono con lei nell’ospedale, totalmente incapaci però di mettersi in sintonia con il suo mondo.
La poesia ha delle espressioni peculiari: «ansia o angoscia» rivelano l’ibridismo linguistico della Rosselli, perché per lei sembrano lo stesso concetto espresso con parole differenti, ma in italiano non è così: tuttavia i due concetti sono invece espressi da un solo termine in inglese, anxiety; ancora «incrociarsi» in italiano in riferimento a una «piazza» e a una «strada» non ha senso, e così «disturbanza» è una voce ibridata con voci francesi. Questo ibridismo d’altronde è un elemento sperimentale della Rosselli (conscio o no), che l’avvicina alla neoavanguardia, anche se qui lo sperimentalismo è dato dalla modificazione del linguaggio in una zona profonda della vita psichica personale, che ha effetti anche sulla punteggiatura terremotata, sulla sintassi a flusso, sugli elementi iterativi, come le variazioni fondate sull’iterazione («tenere crescite […] tenere crescite»).
Come Campana, la Rosselli introduce l’elemento di iterazione che tiene insieme la sintassi a flusso, dando ai pensieri un elemento ossessivo di ritorno sulla stessa nota/tema (o di partenza sullo stesso punto), come ben visibile nella ripetizione di «dopo» in Dopo il dono di Dio vi fu la rinascita… (Variazioni belliche). A livello di tropi vi è un forte elemento di visionarietà e di metaforicità: la confessione viscerale e ossessiva che scava nelle profondità della coscienza si unisce con un forte elemento costruttivo che traspare dalla metrica personale. La metrica ha una funzione musicale, con la ricerca della quadratura visiva del testo: c’è quindi una ricerca di ordine, pur per esprimere il disordine viscerale del contenuto.