Hegel, filosofo idealista tedesco, credeva che la storia potesse essere interpretata a partire dalla dialettica sullo spirito: un processo basato su tesi, antitesi e sintesi (la riaffermazione della tesi che fa proprie le obiezioni dell’antitesi).
In poche parole, ogni fase storica può essere considerata un enorme esperimento sociale, uno scontro tra due idee contrapposte , in cui alla fine sarà possibile ricavarne un concetto o una lezione per il futuro.
Se l’Europeismo e il Sovranismo sono rispettivamente la tesi e l’antitesi di questa epoca , quale potrebbe essere la sintesi? Il risultato ultimo del processo di integrazione Europea?
Queste domande pare siano destinate a rimanere senza risposta ancora a lungo.
Dall’inizio del processo della Brexit, l’opinione pubblica si è divisa nettamente tra sostenitori dell’europeismo e fautori di un cambio politico radicale, che ridimensionerebbe il peso delle istituzioni europee.
Entrambi argomentano le proprie opinioni, riuscendo chi più, chi meno, ad avvantaggiarsi nel discorso sui social dove nascono vere e proprie diatribe e risse di stampo virtuale. In linea generale, però, entrambi i quattro gruppi ripetono sempre gli stessi argomenti di base, che si orientano tutti sulla medesima domanda: “Ma l’uscita dall’unione monetaria o un’eventuale unione politica converrebbe al mio paese?”.
Anche idealmente parlando, sarebbe impossibile dare una risposta corretta a questa domanda, mentre concretamente si rischia spesso di cadere in un fuorviante empirismo.
Il motivo di questo flusso di coscienza stava nel dimostrare che anche se fosse teoricamente possibile trovare una domanda fondamentale, non sarebbe così scontato trovarne una risposta. Anche se ci si limitasse al pensiero pratico, un vaglio dovrebbe tenere conto di un infinito numero di variabili (e un’enorme conoscenza pregressa) che ci costringerebbe a cambiare perennemente campo da studiare, solamente per formulare un’ipotesi da analizzare.
Fino adesso, quasi tutti i dibattiti e libri sull’argomento si sono rivelati assolutamente inconcludenti poiché si basano su un principio che è in realtà scorretto: l’idea che l’economia possa o non possa funzionare.
L’economia funziona sempre, solo che non dobbiamo pensare che i mercati lavorino per il benessere di tutti, far star meglio le persone è sempre stato il compito della politica e, anche se, i due termini spesso si intrecciano, in realtà hanno tematiche e compiti molto diversi.
Dobbiamo rassegnarci all’idea che l’economia penserà sempre prima ai bisogni della gente benestante (che consuma e paga) rispetto a quella bisognosa. Un’eventuale dissoluzione dell’unione non romperà questo ciclo, poiché le basi su cui regge questo sistema economico continueranno a esistere, si diminuirebbe invece l’influenza della politica sul mercato globale, i sovranisti, lungi dallo ristabilire la supremazia della politica sull’economia, sarebbero in pratica più neo-liberali degli stessi liberali.
Le proteste dei Gilet Gialli, la Brexit, l’elezione di una coalizione “populista” in Italia, sono campanelli che non indicano un allarme, ma la presenza di un elefante nella stanza, il mancato riconoscimento del vero problema alla base:
“Come affrontare le sfide del futuro? Quali sarebbero gli strumenti migliori? Se non ci sono, come crearli?”, ogni ideologia politica attuale verrà giudicata dagli storici del futuro su come affronterà questi quesiti.
Nessuno dei sovranisti ha una risposta a ciò, impegnati in un tentativo disperato di riportare alla vita un passato idealizzato, in verità pieno di difetti, sacrificando il presente. Non mi credete? Provate ad ascoltare uno dei loro interventi su “il populista”, poi contate quante volte si ripresenta la domanda “Ma vi ricordate quando…?”.
Gli attuali europeisti, invece, per la maggior parte sono impegnati in una lotta per mantenere lo status quo, senza proporre nulla di nuovo, puntano tutto sulla giustificazione delle politiche passate.
Ripresentare le stesse politiche, anche se hanno funzionato in passato, per risolvere problemi diversi per cui sono state ideate non porterà necessariamente agli stessi risultati. Per ambo le parti in causa non si vedono reali alternative salvo le brutte copie delle ideologie del passato.
Anche se l’Unione Europea potrà sembrare un morto che cammina (un insieme di istituzioni inconcludenti e lontane dalla gente comune, che intervengono solo per ostacolare le decisioni prese dal governo del proprio paese) potenzialmente, però, può essere anche la soluzione migliore per ogni nostro problema, applicando le decisioni più in linea con le necessità del tempo.
Il passato Liberalismo, uscito vittorioso dal confronto dialettico con l’esperienza socialista, sembra oggi entrato in una crisi profonda. A sprofondare sono anche quei partiti tradizionali che, da sempre, ne sostengono la causa, a beneficio dei nuovi partiti populisti che però sembrano essere più capaci a raccogliere consenso che a modificare l’attuale situazione.
Nessuna possibilità di sintesi si vede all’orizzonte.