lunedì, 30 Dicembre 2024

A un passo da una pace storica

Il 12 settembe, a Doha in Qatar, per la prima volta talebani e governo di Kabul si sono seduti al tavolo delle trattative per porre fine a una guerra che dura da diciannove anni. Tra speranza e diffidenze, il Paese si avvia, forse, a una vera pace e a un nuovo futuro.

Una guerra infinita

Il 7 ottobre di diciannove anni fa, il regime dei talebani subiva l’attacco aereo da parte di inglesi e americani, che avrebbero portato alla conseguente invasione del paese. L’obiettivo dell’America era quello di rovesciare i talebani, accusati di sostenere Al-Qaeda, e di catturare Bin Laden.

Era la risposta di una nazione, sconvolta dagli attacchi che solo un mese prima avevano messo in ginocchio la più grande potenza mondiale, che in poco tempo, con l’invasione dell’Iraq nel 2003, avrebbe fatto piombare il dramma e le conseguenze di una regione, il Medioriente, nelle nostre vite.

Nel giro di due mesi i talebani subirono una serie di disfatte, costretti a nascondersi nelle montagne e in roccaforti isolate nel paese, ma non sconfitti. Cominciava una nuova guerra, fatta di attentati sanguinosi, combattimenti tra americani e fondamentalisti afghani(talebani e jihadisti di Al-Qaeda), che non avrebbero permesso di instaurare un governo forte che transitasse il paese verso la pace.

In questi diciannove anni il paese, nonostante l’uccisione di Bin Laden avvenuta nel 2011, che era l’obiettivo di Washington, non ha visto diminuire di intensità la guerra. Questo anche a causa del disinteresse dell’opinione pubblica,perso a discapito della guerra in Iraq nel 2003 e la primavera araba con l’avvento dell’Isis.

Al tempo stesso i talebani sono riusciti a rafforzarsi e riconquistare diverse regioni, indebolendo ancora di più il governo di Kabul. Con lo Stato Islamico che è riuscito a infiltrarsi nel paese, rendendo ancora instabile la situazione politica e sociale, compiendo attacchi devastanti contro la popolazione. La stessa opinione pubblica americana, che vide nell’invasione del 2001 una risposta giusta agli attacchi dell’11 settembre, dopo diciannove anni di guerra è stanca del conflitto. che si è rivelato un disastro per cosi umanitari ed economici.

i segni della guerra sui bambini afghani

Una pace difficile

Quello iniziato a Doha, per quanto storico, non deve creare troppe illusioni. Il processo di pace, cominciato a marzo con gli accordi tra Washington e talebani, in cui Trump ha accettato di ritirare le truppe dal paese, non sarà senza ostacoli e breve. Le trattative sono cominciate dopo un lungo rifiuto tra talebani e il Governo Nazionale di scambiarsi prigionieri e di fermare le azioni militari e attentati.

I possibili accordi giocano su diversi punti: da una parte i mujaheddin chiedono che venga instaurato un Governo Islamico e il ritiro di tutte le truppe straniere. Dall’altra parte Kabul chiede che essi rispettino i diritti conquistati dalle donne nel paese e si impegni, come pretende Washington, a impedire che Al-Qaeda o Isis e altri gruppi terroristici, penetrino nel paese.

Per molti, questi  punti, rendono complessa la riuscita della trattativa. Sia Kabul che l’opinione pubblica, non si fidano delle promesse fatte dagli studenti del corano. Soprattutto per quanto riguarda i diritti delle donne e il rompere i legami con le organizzazioni terroristiche. La paura è che la restaurazione di un Governo Islamico riporti il paese indietro di anni. Con il ritorno di esecuzioni ai danni di civili (soprattutto donne) la violazione dei diritti umani e la distruzione di monumenti e opere considerate una minaccia all’Islam.

Dall’altra parte i talebani vogliono la certezza di essere coinvolti nel processo politico, e che gli americani lascino veramente il paese senza intromettersi in futuro. Le diffidenze e il il segno lasciato da diciannove anni di guerra, rischiano di creare un muro contro muro.

L’apertura della conferenza di pace, a Doha in Qatar, tra Governo Afghano e talebani

Una sponda per Trump

Per il presidente Trump, un possibile accordo arriva in un momento delicato: egli si trova a inseguire il rivale democratico Biden. E dovendo affrontare le conseguenze sociali ed economiche lasciate dalla violenza della polizia e dalla pandemia di Covid-19. Poter annunciare un eventuale accordo gli permetterebbe di mantenere la promessa fatta quattro anni fa di ritirare le truppe in Medioriente, come fece Obama nel 2008.  Ma allo stesso tempo, potrebbe avere l’effetto opposto. Sedersi al tavolo delle trattative con coloro che sono stati i nemici principali in questi diciannove anni potrebbe essere giudicata una sconfitta dall’opinione pubblica americana. Dovendo accettare gli studenti del Corano come interlocutori fondamentali, senza essere riusciti a sradicarli dal paese. E  galvanizzerebbe i talebani e Al-Qaeda, che hanno ottenuto questo risultato senza dover rinnegare la loro ideologia estremista.

Il rappresentante degli Stati Uniti e dei talebani firmano gli accordi di pace tra i due Paesi
Manuel Morgante
Manuel Morgante
Nato a Pesaro il 15 febbraio del 1998. Ho frequentato il liceo linguistico di Pesaro e attualmente studio storia all'università di Bologna. Ho la passione per lo sport, l'attualità, la politica e il giornalismo.

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