Ciò che più manca alla sinistra da alcuni anni a questa parte è la sua identità: essere dalla parte degli ultimi, i più deboli, gli emarginati, i senza voce. Lavoratori precari, giovani neolaureati, famiglie a basso reddito, donne e uomini, ragazze e ragazzi in difficoltà stretti tra la necessità di arrivare a fine mese e quella di non subire condizioni inaccettabili di lavoro spesso sottopagato e senza tutele.
In questo vuoto lasciato da chi, ancora oggi, si dice orgoglioso erede di quello che fu il PCI di Berlinguer, si sono insinuati nuovi attori della scena politica che però più a parole che a fatti hanno saputo catalizzare il malcontento e le paure talvolta contro il governo di turno, talvolta contro lo straniero immigrato. L’ultimo degli ultimi, un senza voce per eccellenza.
Partito Democratico renziano, Lega, Movimento 5 Stelle
E’ così quindi che mentre il Partito Democratico di Matteo Renzi varava il Jobs Act sul fronte del lavoro e stringeva accordi con il governo di Tripoli per respingere in mare migliaia di persone disperate e alla ricerca di una nuova possibilità di vita in Europa, ci si stupiva pure che a rimpiazzarlo nei temi economici e sociali che avrebbero dovuto vederlo in prima linea ci fossero Lega e MoVimento 5 Stelle. I primi sempre più votati dai lavoratori, i secondi sempre più nelle simpatie di giovani, giovani precari e lavoratori disoccupati.
In tutto questo, in questa drammatica perdita di scettro, il Pd ha assecondato per anni l’arroganza di una classe dirigente che invece che riconoscere i propri errori ha deciso addirittura di accentuarli da un lato rivendicando i risultati di un Jobs Act che potendo scegliere tra datore e lavoratore sceglie il primo e dall’altro sbeffeggiando chi, sostenitore del MoVimento chiedeva una maggior attenzione alla profonda crisi del mercato del lavoro e – di conseguenza – del reddito, additandolo come “ignorante” o addirittura “scansafatiche”.
Insomma, un atteggiamento che ci si sarebbe aspettati più da un partito borghese di centro-destra qualsiasi o da un giornalismo televisivo – ad esempio quello targato Mediaset -, della medesima matrice e consistenza politica.
In questo contesto sono emerse nuove figure più credibili
Chi ha raccolto le istanze di buona parte di quei ceti che furono base elettorale del PCI non si è dimostrato all’altezza delle aspettative dell’elettorato. Troppo grandi le promesse, decisamente utopica la loro realizzazione. Assecondando la migliore delle definizioni di “populismo” la storia ha dimostrato nero su bianco la straordinaria bravura dei partiti della c.d. terza repubblica nell’intercettare le fratture sociali, di farle proprie e poi la altrettanto incredibile incompetenza nel riuscire a concretizzarle in soluzioni e risposte di ampio respiro.
L’Italia ha così conosciuto le fallimentari esperienze di Quota100 e Reddito di Cittadinanza.
E’ in questo contesto di disorientamento collettivo e fragorosa caduta di molteplici aspettative che si sono creati fertili presupposti – almeno nell’opinione di chi scrive – per un riemergere di figure più pure e genuine di rappresentanza degli ultimi e degli sfruttati del mondo del lavoro. Su tutti: Aboubakar Soumahoro e Yvan Sagnet.
La cosa straordinaria è che queste personalità sembrano aver riportato al centro del dibattito pubblico alcuni problemi di cui anche l’Italia, come altri paesi europei, è testimone. Ad esempio lo sfruttamento di lavoratrici e lavoratori. Gli abusi, le violenze e la totale mancanza di tutele che si traduce in una florida possibilità di guadagno per i caporali delle c.d. agromafie.
Innanzitutto: chi sono queste personalità?
Aboubakar Soumahoro
Partiamo da Aboubakar Soumahoro, sindacalista italiano originario della Costa d’Avorio. Soumahoro si è laureato all’Università Federico II di Napoli con una tesi dal titolo eloquente “Analisi sociale del mercato del lavoro. La condizione dei lavoratori migranti nel mercato del lavoro italiano: persistenze e cambiamenti” (fonte: Wikipedia).
Parte da qui la parabola ascendente di quello che di giorno in giorno è ritenuto sempre più un punto di riferimento dall’elettorato di sinistra. Soumahoro non è apprezzato solo per i temi che affronta e per le sue nette prese di posizione in contrapposizione con un centro-sinistra timido e tutt’altro che efficace nel perseguire quello che dovrebbe essere il suo indirizzo politico nell’ambito sociale ed economico del paese. L’apprezzamento è dovuto anche ai risultati che Soumahoro ha saputo raggiungere con determinazione nonostante l’assoluta mancanza di una struttura partitica ed una rappresentanza istituzionale di riferimento. Si deve infatti al sindacalista l’istituzione del Tavolo operativo di contrasto al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura. A tale tavolo partecipano, oltre a Regioni e sigle sindacali, anche i Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali, delle Politiche Agricole, degli Interni e del Sud.
Le proposte di Soumahoro
Una delle più importanti proposte di Aboubakar Soumahoro è l’istituzione di una c.d. patente del cibo. Si tratta di una sorta di visto da parte delle autorità che certifichi che un determinato prodotto non è il frutto di sfruttamento ambientale e umano.
Se pretendiamo di sapere da dove provengono i cibi che mettiamo in tavola e soprattutto se hanno rispettato le normative relative alla produzione e alla gestazione e conservazione del prodotto previste per tutelare la salute dei consumatori, perché non dovremmo preoccuparci anche del fatto che chi vi ha lavorato lo abbia fatto in condizioni dignitose e con un regolare salario e relative tutele? Il discorso ovviamente, qui affrontato solo per il settore agricolo, dovrebbe essere esteso anche ad altre realtà, ad esempio quelle del turismo e del lavoro stagionale in senso lato.
Quella della patente del cibo è una proposta che Soumahoro ha portato personalmente al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Era il 16 Giugno 2020 e a Villa Pamphlij si stavano svolgendo gli Stati Generali dell’Economia. In quell’occasione il sindacalista si è simbolicamente ammanettato davanti ai cancelli chiedendo di essere ascoltato e di dar voce, assieme a lui, ai lavoratori sfruttati nelle filiere agricole. E’ stato quindi fatto entrare alcune ore dopo dove, in seguito ad un colloquio privato con Conte, ha dichiarato di aver ottenuto l’attenzione da parte del premier e del governo.
Non solo la patente del cibo. Oggetto del colloquio sono stati anche la cancellazione dei Decreti Sicurezza (per cui il governo si è detto disposto a modificare, ma non cancellare) e la previsione di un Piano nazionale emergenza lavoro per << assorbire tutte le persone che hanno perso e che rischiano di perdere il lavoro a causa di questa emergenza sanitaria >>.
Aboubakar Soumahoro non è solo in queste battaglie.
Yvan Sagnet
Altra figura di rilievo è Yvan Sagnet, attivista e scrittore camerunese dal Settembre 2020 cittadino onorario di Lecce.
Anche la storia di Sagnet si intreccia con la dura realtà dello sfruttamento agricolo nel Sud Italia, che lo stesso attivista decide di provare sulla propria pelle dopo essersi laureato al Politecnico di Torino in Ingegneria delle telecomunicazioni.
Al Sud, in particolare in Puglia, lavora come raccoglitore di pomodori scoprendo le dure realtà della violenza e dello sfruttamento. In una parola: il caporalato.
E’ così che Sagnet organizza, assieme ad altri, una protesta della durata di un mese contro l’azienda per cui lavorava. Dal suo impegno e da questo sciopero, si è arrivati nel 2016 all’istituzione del reato di caporalato e alla legge 199/2016
Per il suo impegno e per quello che ha rappresentato, Yvan Sagnet ha ricevuto nel 2017, per volere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la nomina di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana: un prestigioso riconoscimento.
L’enunciazione della fattispecie delittuosa
Articolo 1 legge 199/2016 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale)
Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, e’ punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, […], sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o piu’ delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali […], o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. […]
Le reazioni della destra conservatrice
Sia Soumahoro che Sagnet sono stati oggetto di atti denigratori e razzisti da parte del centro-destra italiano.
Per quanto riguarda Aboubakar Soumahoro è stato postato sui canali social di Matteo Salvini un estratto del discorso del sindacalista agli Stati Popolari – un evento da lui organizzato a Roma con chiaro rimando nel nome agli Stati Generali di Villa Pamphilij – ma con una alterazione: lo staff del leader della Lega ha levato gli applausi in sottofondo sostituendoli con suoni di tamburi e maracas dal chiaro richiamo tribale. L’intento, palesemente razzista, puntava probabilmente a sminuire l’importanza delle parole di Soumahoro. E’ di questo avviso Cathy la Torre, avvocato di Soumahoro per cui il video così alterato puntava a dare “una sensazione di disagio, di caos, di disorganizzazione” così da distorcere “completamente il messaggio e le emozioni legate alle parole pronunciate”.
Quanto a Yvan Sagnet, la cronaca è ancora peggiore. Nel giorno del conferimento della cittadinanza onoraria del comune di Lecce in virtù dei meriti nella lotta al caporalato, da parte del sindaco Carlo Salvemini, il centro destra ha abbandonato l’aula in segno di protesta.
Come interpretare questo gesto? Delle due l’una: o, anche qui, un chiaro gesto di razzismo oppure un comportamento solidale ai caporali. In ogni caso, un comportamento indegno per una formazione politica degna di una democrazia.
C’è bisogno di più leader come Yvan e Aboubakar
Verrebbe da dire “finalmente”.
Finalmente in Italia si ritornano a vedere figure improntate più ad un rapporto di prossimità con gli ultimi ed i senza voce, gli sfruttati e non solo.
L’auspicio è che questi sforzi e queste voci vengano ascoltate e ritornino al centro dell’agenda politica. Non è una questione di conteggio elettorale. E’ una questione di dignità per coloro che subiscono l’oppressione di mafie locali e caporali violenti. Non c’è tempo da perdere: è necessario agire al più presto per porre un argine alla violenza e allo sfruttamento.
Ce lo ricorderemo, busta alla mano, tra gli scaffali del supermercato?