La sua anteprima mondiale si tenne alla 66a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ricevette il premio Osella e il Biografilm Lancia Award. La pellicola, acclamata dalla critica cinematografica, ricevette ben sei premi Magritte, tra cui miglior film e miglior regia per Jaco Van Dormael.
Eppure, i distributori italiani hanno pensato che fosse inutile farlo arrivare nei nostri cinema.
Lo chiediamo da sempre tutti quanti: come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente, a prescindere da come poi si siano evolute? Ed è proprio quello che si chiede Nemo, il protagonista. In realtà non se lo chiede solamente, ma sviluppa delle vere e proprie vite parallele, che ci accompagnano per tutta la durata della pellicola.
Un film complesso ed innovativo
La trama ci mostra la vita di Nemo Nobody (interpretato da un ottimo Jared Leto). Nel 2092 egli è l’ultimo mortale sulla terra e, mentre delle oscene votazioni da reality decidono se sopprimerlo o tenerlo in vita artificialmente, egli racconta a un giornalista la sua esistenza o, per meglio dire, le sue esistenze.
Questo perché Nobody non ha vissuto un’unica possibilità come tutti noi, ma a ogni scelta egli ha avuto modo di vivere le due alternative, pertanto vediamo la trama biforcarsi in ogni occasione.
Un bimbo che rincorre un treno, fiori rossi, cielo, mare, due volti che si scrutano sotto un lenzuolo. Vite che si incrociano e si diramano ad ogni più piccola scelta. Volti e corpi indagati come psicologie tangibili, viaggi dell’essenza e della sostanza, scienza e filosofia, scelte e rinunce, percorsi e staticità. Per parlare dell’importanza delle scelte, dei possibili rimpianti e dei rimorsi per una decisione giusta o sbagliata che fosse.
Una vita, mille opzioni
L’ambientazione del 2092 è solo la base per una storia fatta da flashback continui, che ripercorrono la vita di Nemo. Tre sono le principali fasi: infanzia, adolescenza ed età matura.
Parecchie sliding doors si troveranno davanti a Mr Nobody nel corso della sua vita e lui, nei ricordi del 117enne, le rivive tutte. Come se non fossero scelte univoche, ma anzi, come se la scelta non fosse mai stata fatta.
Come sarebbe cambiato se avessimo fatto una scelta al posto di un’altra? Questo il macro tema principale della pellicola. Un inno poetico e sofferto alla teoria del caos e all’effetto farfalla.
Non a caso i tre personaggi femminili, tratteggiati con delicatezza e profondità, indagano tematiche quali la depressione e il dolore del distacco. Offrendosi quali specchi eterogenei e complementari di un protagonista segnato dalle diverse esperienze intraprese, a cui sembra sempre mancare un pezzo per trovare il proprio senso di vivere.
L’acqua come elemento fondamentale
L’importanza dell’acqua è sottolineata fin da subito, con il tuffo in piscina che Nemo compie da bambino, compiuto subito dopo un evento a cui egli assiste con molta curiosità.
Quasi come se egli volesse iniziare un qualcosa, come se volesse tuffarsi in un’esperienza nuova.
D’altronde egli stesso, a 15 anni, dice alla madre: “Io adoro le piscine, da grande ne avrò una”. L’acqua ad un certo punto cadrà dal cielo, sottoforma di pioggia, ed avrà una grande importanza nello sviluppo di quel percorso narrativo. Eppure, quasi incredibilmente, Nemo non darà la colpa alla pioggia. Pioggia che cadrà incessantemente, poi, anche su Elise e sulla sua depressione.
Quello che Nemo dirà sarà fondamentale per farci capire quello che può rappresentare questo elemento nell’arco narrativo: “Impareremo a nuotare”.
L’acqua è allora probabilmente un qualcosa che può portare da qualche altra parte, in un altro mondo. Può trascinare, può legare, può dividere. Ma potrebbe simboleggiare anche un mondo in cui bisogna saper sopravvivere, sapere resistere alle difficoltà che la vita presenta.
Un mondo in cui bisogna imparare a nuotare.
Un incastro senza sosta
Binari che si incastrano senza sosta in una mente confusa in costante mancanza di una precisa identità, con l’amore che si pone quale ancora finale di un viaggio senza limiti e confini.
Un nucleo ipnotizzante e magnetico che cattura lo sguardo e i sensi con una complessità amara, che si semplifica in un genuino e catalizzante percorso viscerale. Alla scoperta di se stessi e delle proprie incertezze sugli innumerevoli bivi solcati in questo breve palcoscenico chiamato Vita.
Un film struggente, basato sulla sua coerente instabilità, da quelle inquadrature levigate e dai quei corpi svuotati. No/body, semplici involucri per le nostre emozioni.