Esiste veramente in profondità un legame tra l’informazione libera e la democrazia vivente oppure le dinamiche della parola sono esse stesse limite alla democrazia? In atto si individuano le radici di una finestra così aperta sulla questione della stampa sul processo Raggi, ma che rimandano al quesito vastissimo sull’esistenza e sulla definizione del limite alla pubblicazione giornalistica.
Come prende forma la parola
Il filosofo viennese Wittgenstein ricalcava la grande corrispondenza tra ciò che è parola e ciò che è pensiero, un’influenza reciproca per cui la parola diventa forma viva del pensiero perciò immagine definita dell’intenzione. Di conseguenza, il lettore assume un’immagine di ciò che è scritto, per poi verificare se anche il suo pensiero corrisponde a quella parola e così compie le proprie valutazioni. “Quei pennivendoli che da più di due anni le hanno lanciato addosso tonnellate di fango con una violenza inaudita. Sono pennivendoli, soltanto pennivendoli, i giornalisti sono altra cosa”. Il deputato M5S Di Battista ha accusato di grande influenza i quotidiani italiani sulla vicenda del processo sul sindaco di Roma Virginia Raggi, rivolgendo un attacco alle parole dei giornali nella libera modalità di informazione. Se allora questa ricercatissima parola è veramente forma del pensiero, e se lo è in modo reversibile, come è possibile che un lettore possa assumere la forma di un pensiero altrui dinanzi a un quotidiano?
Democrazie parlanti o viventi?
Con parresìa, dal greco pan (tutto) e rhema (detto), Euripide nella tragedia intendeva letteralmente “dire tutto”, un dire tutto inteso con franchezza e verità, privo di artifici retorici: era rivolto ai cittadini della polis e alla loro parola libera. «Perché ci sia democrazia deve esserci parresìa» provoca il filosofo Foucault, accostando la libera partecipazione alla parola con l’affermazione della democrazia. «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” L’articolo 21 della Costituzione, allora, sottolinea ampiamente la grande democrazia italiana che permette questa vasta possibilità di espressione: ma la permette in potenza o in atto? La Costituzione con l’articolo 21 propone un approccio incrementale, una forma trasversale di resa della democrazia, che condiziona l’effettività di gran parte delle libertà individuali e associative ed è strettamente collegata al diritto di voto, tramite il permesso di poter descrivere l’andamento attuale di uno stato: così sono atto le sue intenzioni programmatiche e la democrazia si rigenera sempre.
La morte dell’opinione pubblica
Successivamente alle accuse rivolte dal vicepremier Di Maio alla stampa, ritenendo che “troppi giornalisti peccano di disonestà intellettuale”, la reazione della FNSI anche come portavoce dell’ Ordine dei giornalisti ha reagito mettendo in atto flash mob con fine di protesta in numerose città italiane. “Ritrovare la singolarità dei fatti, al di fuori di ogni lineare finalità”, suggeriva il filosofo Foucault trattando del giornalismo filosofico e così di un tentativo di individuare i fatti al di là di una ulteriore finalità. Così, al di là del flash mob simbolico, i giornalisti riaffermano che le redazioni catturano i fatti riflettendoli in notizie oggettive e parallelamente l’opinione pubblica confronta ciò che è detto con ciò che è manifestato nella realtà. Il caso del processo di Virginia Raggi si è concluso con la sua assoluzione, i fatti hanno guidato l’opinione pubblica al di là di ciò che è divulgato. I giornalisti sanno che l’opinione pubblica riconosce la propria autonomia nonostante i molteplici rimandi da parte dei grandi media, perciò i giornali difendono con grande furor la possibilità di mantenere il pluralismo dell’informazione.
Chi definisce il limite che non tocca la democrazia?
La fenomenologia della pubblicazione giornalistica libera e incondizionata assume una complessità che forse solo lasciandola scorrere si può risolvere. Quando Charlie Hebdo, con una versione satirica, propose forti e violente immagini relative a tragedie italiane, ci si chiese se allora la censura poteva ricominciare ad esistere. Così è necessario individuare se esiste questo limite alla libera modalità di informazione e se diventa un pericolo che va a modellare la democrazia. L’opposizione, a partire dal Pd e da Forza Italia, ha parlato di “dittatura intellettuale” imposta dal M5S, in aggiunta anche alla proposta di legge del vicepremier Di Maio su gli “editori puri, privi di interessi economici e politici”. Di conseguenza, è necessario ricordare non solo il bilanciamento tra il diritto di cronaca e la privacy individuale, ma soprattutto il bilanciamento tra i limiti, sanciti dalla Costituzione, impliciti ed espliciti, che rivelano come il limite all’informazione non sia riferito alla sua libertà, ma al suo rischio di non attuazione del principio democratico.
Alla luce degli eventi che intervengono sulla libera stampa e dinanzi al continuo interrogarsi sulla forza dell’informazione è necessario volgersi al di là di opinioni contrastanti andando oggettivamente a ritrovare il fulcro del giornalismo e a riconoscere il suo scopo principale: divulgare l’informazione per la tutela e la salvaguardia della persona che necessita di sapere.
Francesca Vannini