venerdì, 20 Dicembre 2024

Oh my darling perfect trad wife

Il trad wife fenomeno: tra cucchiai di lusso e abbigliamento modesto

In una ciotola, sapientemente posizionata su di un ripiano marmoreo, mani femminili curate versano accurate dosi di farina e zucchero. Ad un occhio più allenato riescono a non sfuggire la precisa disposizione delle cucchiate, mai casuale, la squisita fattura di quella che dovrebbe essere una semplice ciotola e la fin troppo perfetta inquadratura del video. Questi elencati sono pochi e superficiali dettagli della cosiddetta estetica trad wife, sviluppatasi nel 2020 e ben accolta dal pubblico delle varie piattaforme mediatiche negli ultimi due anni. Il termine origina dall’espressione traditional wife, e connota un profilo femminile finemente dettagliato dal suo credo etico al suo guardaroba, che si ispira fortemente, se non del tutto, all’immaginario pubblicitario della casalinga anni ’60. Anacronistico verrebbe da pensare, eppure il 2023 ha notato un’incredibile impennata nel consumo di contenuti brandizzati trad wife.

Con un poco di zucchero la pillola va davvero giù?

Le trad wives sono giovani, anzi giovanissime, madri di più figli, curate e magre. Rispettano tutte palette di colori tenui, cucinano con utensili costosi, registrano varie commissioni e mostrano al pubblico il proprio svuota spesa. Una grande maggioranza proviene da scenari mormoni, è curiosa l’incidenza di trad wives mormone, vestono abiti morbidi, prediligono trucchi dai colori rosati e poco accennati e sono perfettamente pettinate. Riassumono nella propria estetica diversi format volti al raccontare una quotidianità placida. In un così idilliaco ritratto è però doveroso notare certe discrepanze. Su questi profili, impeccabilmente congegnati, non si smacchiano camicie, né si passa lo straccio, non si asciuga il naso a bambini urlanti, né si propongono trucchetti di risparmio o si accenna ad un qualche concetto di economia domestica.

Le trad wives offrono il sogno, la delicatezza di una vita lenta, di una mattinata scandita dal journaling, dalla palestra, dalla cura della propria persona, dall’organizzazione della dispensa e dell’armadio. Cucinano solo e continuamente, sfornano piatti, che sono di per se piccoli dipinti o ottimi sfondi Pinterest. E se mai si accenna a qualche altra faccenda domestica, viene mostrata come una piccola delizia, la bellezza di una casa perfettamente ordinata e coordinata. Ci raccontano di esistenza di puro benessere, dove non si accenna minimamente a prezzi e costi. Perché il lavoro manuale ha una sua connotazione, e non è certo quello di una trad wife del 2024. Le pulizie e i pianti nervosi sono lasciati ad altre. Le trad wives sono abbienti, spesso con precedenti esperienze nel mondo dell’influencing. Alcune dicono di aver trovato nella vita casalinga la risposta ad una necessità, una vocazione. Forse quel che si è più trovato è il giusto mercato, la perfetta audience, l’immacolato seguito che si specchia in quella pentola di ceramica da seicento dollari.

Dove inizia e finisce la scelta?

L’escalation di un tale fenomeno spinge a chiedersi: dove inizia e finisce la scelta? Scegliere di ricoprire un ruolo di moglie tradizionale è il frutto di decenni di lotte femministe, propria nella sua essenza di scelta. Compiere una scelta nella piena libertà personale di condurre una certa esistenza si discosta dall’imposizione secolare dei ruoli di genere. Ma la volontà di ricoprire il ruolo di casalinga comporta determinate conseguenze che paiono sfuggire a chi decanta e invidia l’esistenza mediatica di queste donne. Questi profili glorificano lo stile di vita di una casalinga? Assolutamente sì. Glorificano in quanto visione utopistiche di impossibili scenari. Le trad wives funzionano se rimangono entro il contesto del fantastico. Non del realistico. Queste donne incarnano uno stile di vita per il quale è necessario spendere, spendere e spendere ingenti somme di denaro, che spesso possiedono a priori, o che risultano proprio dal loro lavoro.

Perché di questo dopotutto si parla, di un fenomeno strategico che attira per la sua aliena perfetta calma. Eppure, molto giovanissime iniziano ad ammirare questa vita vedendovi un rifugio dallo stress e dall’ansia, senza valutare l’effettiva fatica del gestire una casa, della scarsa quasi inesistente emancipazione economica che si ha da casalinghe, se ci si basa sulla sola entrata del compagno, del senso di alienazione, del rinunciare ad un’istruzione.

Fantasia socio-sessuale

All’interno del dibattito socio-economico, trova spazio anche un emergente sessualizzazione di questo trend. Recentemente, sono emersi numerosi commenti di donne che hanno notato cambiamenti repentini nei propri partner dacché abbiano iniziato ad interessarsi a contenuti brandizzati trad wife. Mio marito ora mi vuole così, una moglie tradizionale, che gli cucini e che gli rassetti la casa. Molti si complimentano per l’abbigliamento modesto di questo donne e la loro bravura nell’ideare ricette, nell’arredare la casa. E tanti accompagnano il coro. L’illusione sembra vendere sempre meglio. L’interesse suscitato da questo fenomeno racconta molto della nostra società, della nevrosi a cui siamo sottoposti quotidianamente che ci sprona a consumare contenuti che mostrano e narrano di un ordine estremo.

Non vi è spazio per la criticità da stanchi, nel ricordarci come ogni frutto mediatico giunga a noi sospinto da team di professionisti, nel comprendere l’impossibilità di una vita del genere possibile se alimentata dai soli nostri strumenti. Le trad wives sono specchietti per le allodole, alla mo de La donna perfetta di Frank Oz, accompagnate da tate, manager, truccatori e ben più di un solo cavalletto per il loro iPhone.

Sogno che sogno non è

Non posso negare che nel corso della mia ricerca mi sono soffermata ad osservare, a bearmi del balsamo di una dispensa ben organizzata, di una giornata trascorsa ad acquistare coperte e vasi. Mi stupisce l’incredibile capacità mediatica trad wives pur nel loro silenzio. Queste donne non parlano, mostrano soltanto, ed è questa la loro forza. Mostrare un ideale percepito come perfettamente femminile, perché armonioso, modesto, obbediente e materno. Non ditelo alla femministe ma io voglio fare la casalinga. Si crea dunque questa antitesi dove la trad wife è antifemminista perché femminile e perché anacronistica. Come possiamo dunque recepire un trend che strizza l’occhio al male gazing, all’ideale casalingo anni ’60 (senza essere troppo evidente), al desiderio di un agio sereno? Le trad wives sono distruttive per l’indipendenza femminile? E la figura della casalinga rischia di divenire demonizzata o glorificata? Le domande sono molteplici davanti a video del genere. Forse basta solo pensare a quante volte quella tazza di farina è stata tuffata nella ciotola per ottenere l’inquadratura perfetta per scrollarci dalla testa ogni pensiero.

Sofia Paolinelli
Sofia Paolinellihttps://www.sistemacritico.it/
Classe 1997. Laureata alla magistrale in Lettere Classiche attualmente lavoro in campo editoriale. Classicista con ambizioni interdisciplinari provo un amore sconfinato per i panorami scozzesi, i musical e il cinema hollywoodiano degli anni '50. Attualmente in possesso di circa una ventina di quaderni su cui periodicamente scrivo piccoli racconti. Per il blog mi occupo della sezione di cinema e letteratura.

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