giovedì, 19 Dicembre 2024

La scuola che si ferma: la nostra istruzione disfunzionale

Ci si passa come minimo 10 anni, eppure molti la considerano uno spreco di tempo. Secondo l’ultimo rapporto di Save the Children, la percentuale di abbandono scolastico pre-diploma nel nostro Paese ha raggiunto il 12,7% nel 2021. Secondo l’ultimo rapporto Eurosta,t la percentuale di NEET in Italia si aggira al 19% piazzandoci, nonostante il leggero miglioramento rispetto al passato, al penultimo posto. Viene quindi da chiedersi come sia possibile che lo strumento di formazione principale in un Paese sia, in realtà, così fallimentare. Allontanandosi un po’ dai dati, emerge un problema tanto immediato quanto grave: la scuola è rimasta indietro di molti decenni

NEET 2022 in Europa. Fonte: Eurostat

La scuola del passato

Il dibattito sulla scuola oggi è sempre più dominato da estremismi: da un lato i giovani fannulloni, dall’altro la scuola ostile. Ovviamente, come è normale che sia, ci sono molti studenti svogliati e altrettanti insegnanti e professori che, per usare un eufemismo, hanno scelto il mestiere sbagliato. La zona grigia però è molto ampia. È assurdo pensare che il sistema scolastico di 50 anni fa possa essere funzionale ancora oggi. Emergono, con più forza di altre, alcune problematiche.

Il programma ministeriale

Primo fra tutti; incubo degli studenti ed emblema della stasi del sistema scolastico: il programma ministeriale. Il problema qua è lampante: a cosa ci è servito studiare la geografia “delle barbabietole da zucchero” o ripetere gli stessi argomenti di storia per tre volte? Stessa cosa con italiano: studiamo letteratura alle medie e poi, arrivati alle superiori, si ricomincia da capo ma “più approfonditamente”. Questi esempi mostrano bene l’insensatezza di una scuola che non è in grado di stimolare pressoché alcuna competenza trasversale o interesse.

Nonostante siano state introdotte già nel 2012 le indicazioni nazionali per elementari e medie, molti insegnanti sembrano miopi a qualsiasi tipo di innovazione. Queste andrebbero a sostituire il vecchio programma ministeriale: non stilano una lista di argomenti da trattare, bensì obiettivi di sviluppo delle competenze di bambini e ragazzi. Lo stesso Patrizio Bianchi, ex Ministro dell’istruzione, ha affermato quanto sia necessario uscire “dal mito ossessivo del programma” e andare oltre, cercando gli strumenti per capire quello che sarà.

La distanza tra scuola e realtà

C’è poi il problema della distanza tra la scuola e l’esterno e la sua carenza nel soddisfare quelli che sarebbero gli effettivi bisogni degli studenti, soprattutto parlando di medie e superiori. 

La prima in particolare dovrebbe accompagnare ragazzi e ragazze nella scoperta della propria identità, degli interessi, delle proprie inclinazioni e nello sviluppo di un senso civico e critico. Al contrario, quello che spesso accade in questo snodo cruciale è che la scuola viene percepita come un’imposizione che impedisce agli studenti di esprimersi ed essere se stessi. Loro, di conseguenza, si allontanano. In questa fase così delicata dello sviluppo, gli insegnanti dovrebbero essere in grado non solo di stimolare la curiosità degli studenti ma anche, e soprattutto, di ascoltarli. Per fare ciò è assolutamente necessario sviluppare un nuovo modello di didattica che tenga più conto delle singolarità degli studenti e abbia come obiettivo la loro valorizzazione. Tuttavia, come già detto, il primo ostacolo in questo è proprio la miopia ostinata di molti insegnanti. 

La scuola superiore e il dilemma del voto

Spostandosi alle superiori si nota come i problemi precedenti si acuiscono e si sviluppano su due linee fortemente interconnesse. Da un lato la scuola è sempre più lontana dal trasmettere quelle competenze che sono fondamentali per potersi orientare nel mondo. Si pensi banalmente all’educazione finanziaria. 

Dall’altro, gli studenti sono costantemente sotto pressione soprattutto in relazione ai voti. Il problema però non sta tanto nel voto, che in sé è essenziale, quanto più nell’uso e nel valore che ha assunto. La valutazione è di per sé un indicatore fondamentale per poter capire sia quanto gli studenti abbiano appreso, sia quanto i professori sono stati in grado di insegnare. È poi innegabile che nella vita si sarà sempre sottoposti a un qualche tipo di valutazione. Il problema sta sia nel legame che si è instaurato tra voto scolastico e valore studentesco, sia nella presunta superiorità delle capacità intellettuali su quelle pratiche. Rimuovere in toto un criterio utile non sarebbe quindi la risposta.

In questa prospettiva diventa necessario comprendere come un “bravo studente” non sia necessariamente quello con i massimi voti in ogni materia. Andrebbe invece normalizzato l’essere più predisposti e avere maggiore interesse per una materia piuttosto che un altra. E’ poi necessario capire che non tutti sono ugualmente portati per lo studio e che demonizzare scarsi risultati o decisioni riguardo la propria carriera scolastica è tanto lesivo quanto errato. Strettamente legato a questo c’è il problema della palese svalutazione degli istituti tecnici e professionali rispetto all’ “illustre” liceo.

Conclusioni

Riassumendo, la scuola, soprattutto parlando di quella dell’obbligo, non è più un’istituzione al servizio dei giovani. Si è ancorata al passato e si è dotata di paraocchi che la schermano dai cambiamenti in corso. Non c’è dubbio che bambini e adolescenti siano cambiati e stiano cambiando a ritmi impressionanti. Questa istituzione così paralizzata deve aprirsi e capire nel profondo le nuove necessità e problematiche che manifestano i suoi studenti. Questo proprio perché, lo sottolineo nuovamente, la scuola è l’istituzione adibita alla formazione e lo sviluppo dei giovani ed è impensabile che rimanga impassibile davanti a tutti quegli ostacoli che da essi la allontanano. 

Elisa Vannucci
Elisa Vannuccihttps://www.sistemacritico.it
Classe 2001. Studio Scienze Internazionali e Diplomatiche all' Università di Bologna; mi piace osservare le persone attorno a me e imparare da loro cose nuove. Sono molto pragmatica e testarda, appassionata di buona cucina e sport acquatici; non a caso sono romagnola.

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