venerdì, 20 Dicembre 2024

Rosalía si trasforma

Sulla copertina di Motomami, Rosalía posa nuda coprendosi con le mani il seno e le parti intime. Indossa un casco da motociclista dal quale escono lunghe chiome, mentre il titolo dell’album campeggia stampato da una bomboletta spray su uno stencil. Lo sfondo è bianco: qui non c’è solo Rosalía, c’è tutto di Rosalía.

E se la copertina deve darci un assaggio visivo di ciò che musicalmente è contenuto nel disco, la combinazione combacia alla perfezione: dentro Motomami ci sono sensualità, leggerezza ma anche sperimentazione e intimità. Un album schizofrenico come la timeline di un social dove si passa di contenuto in forma sempre diverso. Per dirlo con le parole di Rosalía: si trasforma.

Me contradigo, yo me transformo

La mutazione è una componente essenziale in Rosalía. Il suo album di debutto, Los Angeles (2017), è un classico disco di flamenco che nulla aggiunge alla tradizione se non il virtuosismo vocale della nostra che ri-arrangia una struggente I See A Darkness con tutta la drammatica teatralità latina.

L’anno successivo arriva uno step decisivo con El Mal Querer, un album che aggiunge sonorità urban alla tradizione e permette a Rosalía, ma anche al flamenco stesso, di sbarcare a livello mondiale nel mainstream così come in alcuni circoli sperimentali: collaboreranno con lei infatti artist* come Arca e James Blake.

La Fama

Rosalía però non si ferma qui. Oltre al successo commerciale, si fa portabandiera di tanto altro. Si dichiara femminista, con le sue canzoni porta in maniera implicita la violenza di genere come tema (El Mal Querer è ispirato a un romanzo del XIII secolo intitolato Flamenca che parla di una relazione tossica eterosessuale) e sdogana sonorità latino-americane accettabili anche da chi si tappa il naso davanti al minimo accenno di un dembow.

Con Motomami compie un ulteriore passo. Dopo aver aggiornato la tradizione del flamenco, Rosalía si imbarca su qualsiasi idea le venga in mente. Non è solo uno sfogo di creatività, ma anche la dimostrazione della poliedricità della cantaora catalana. Per sua definizione e per ammissione della sua creatrice, Motomami è un album diviso in due parti: “Moto” è la parte più sperimentale ed energica, “Mami” quella più vulnerabile e genuina.

Moto

L’album si apre con Saoko, che è un po’ la cartina tornasole di ciò che verrà a seguire. Suoni industriali, pulsazioni reggaeton e un intermezzo jazz sperimentale mettono sul tavolo i primi elementi contrastanti ma perfettamente tenuti in piedi dalla dichiarazione d’intenti di Rosalía. La sequenza di “yo me transformo” e di “fuck el estilo” ci dicono molto sulla natura di Motomami.

La Fama vede la presenza di The Weeknd, uno dei due soli featuring presenti nell’album (l’altro è di Tokischa in La Combi Versace). Una bachata dal piglio radiofonico che si pone come critica al successo. Un singolo sicuramente autobiografico ma che risulta (almeno per chi scrive) come uno dei brani più deboli dell’album.

Con le stesse intenzioni da heavy rotation ma decisamente più interessante è Chicken Teriyaki, dove Rosalía abbozza un rap su una base reggaeton. Il brano parla di un viaggio verso New York e la Grande Mela potrebbe essere un’influenza proprio nello stile adottato dalla nostra per cantarlo.

Bizcochito è un jingle impazzito che va talmente veloce da travolgere anche la voce di Rosalía, ora umana ora pitchata come un personaggio animato; CUUUUUuuuuute invece comprime intimità e aggressività in due minuti e mezzo passando da pulsazioni elettroniche a una ballad al piano. La già citata La Combi Versace riduce all’osso il dembow ma non toglie movimento al brano – e probabilmente alle vostre gambe.

Mami

Bulerìas ci riporta a El Mal Querer con un flamenco minimalista, mentre Candy presenta uno degli episodi più riusciti di Motomami: sonorità latine abbracciate da un’elettronica che ricorda ambientazioni romantiche à la Four Tet o Caribou, mentre vi è presente un sample di Burial nella parte melodica.

G3 N15 è un brano sospeso dove la voce di Rosalía si apre e lascia strascichi sonori come il movimento di un fantasma per terminare con un organo e la voce della nonna in un toccante vocale che ci riporta al lockdown di inizio Covid. Hentai è una ballad per piano e beat la cui dolcezza potrebbe sfondare un muro, mentre la nostra canta della linea labile tra sensualità e sessualità. Gli svolazzi dei beat sono uno dei momenti più creativi dell’album: un modo semplice ma originale di rendere interessante un pezzo per piano e voce.

Flor de sakura(?)

Abcdefg è un intermezzo in spoken word dove Rosalía tramite l’alfabeto si diletta in uno spelling in puro stile Motomami. Un esercizio che non è sicuramente paragonabile a una performance di Alvin Lucier, ma che comunque troviamo in un album di un’artista da milioni di stream/fan. Non è scontato.

Giocosa è anche la filastrocca/interludio che dà il titolo all’album. Sono in questi frangenti che Rosalía mostra la sua voglia sì di sperimentare, ma senza prendersi troppo sul serio: se deve essere una sorta di album autobiografico deve esserlo fino in fondo. E infatti, nella conclusiva Sakura, Rosalía mette in mostra il suo lato più debole e lo fa davanti ai suoi fan.

Un pubblico urlante inneggia il nome della cantaora mentre la sua voce si eleva accompagnata da un piano: per un’esibizione dal vivo ti aspetteresti tutta l’esplosività di una ragazza che nel giro di poco ha conquistato il mondo. A chiudere l’album è invece un dramma esistenziale: quanto dura una popstar? Così come la sakura, il fior di ciliegio, che è tanto bello ma vive per pochi giorni? Non lo sappiamo, ma ciò che è certo è che Motomami è qui per restare.

Luca Petinari
Luca Petinarihttps://www.sistemacritico.it/
Classe '90, giornalista, mi piace scrivere di musica. Immagino nuovi futuri possibili e ho nostalgia di quelli perduti, tra accelerazionismo e hauntology. Nelle canzoni cerco il suono perfetto ma alla fine trovo sempre qualcosa di me che non conoscevo.

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