venerdì, 20 Dicembre 2024

La cartella del professore: un’insolita storia d’amore

«Ufficialmente, sarebbe il professor Matsumoto Harutsuna, ma io lo chiamo prof. Né signor professore, né professore, solo così: prof»

Il professore e Tsukiko si incontrano in un tipico locale giapponese che profuma di tonno, frittelle e alghe. La cartella del professore, romanzo della scrittrice giapponese Kawakami Hiromi, si apre così: la scena di un incontro fra due persone che si rivedono e riconoscono dopo anni di mancanza.

Tsukiko è un personaggio solitario, una donna indipendente e dal passato misterioso. Il professore è un uomo goffo, impacciato, dall’animo sensibile e poetico. Si incontrano sotto la luce della luna piena coperta da un alone e sotto le sue sfumature bevono sakè da tazzine decorate a mano e recitano i versi di brevi poesie.

Una nube nel cielo.
Cielo di inverno, nube di inverno.
Subito, mezza nube.

La poesia e il cibo

Il libro La cartella del professore

Tsukiko e il professore parlano pochissimo. Le loro conversazioni sono colorate dai versi degli haiku giapponesi che il professore usa come strumento per capire e spiegare il mondo. Le poesie, all’apparenza, sembrano essere sconnesse con il momento descritto e costringono chi legge ad acuire l’attenzione e cercare di trovarne un senso. Sono descritti fiumi bianchi che scorrono nella notte, campi fumanti, flebili suoni di flauti nel buio e pruni fioriti. Il lettore ha, però, l’impressione di non riuscire a trovare la chiave per capirne il mistero: l’unico personaggio dotato della grazia per comprenderne il significato è solo il professore.

La lenta conoscenza fra i due si snoda attraverso la leggerezza degli haiku. In un primo momento è l’anziano insegnante a declamarle, poi toccherà anche alla giovane Tsukiko cimentarsi nella loro composizione. Ma non è solo la poesia il filo conduttore della storia fra Tsukiko e il suo professore. Il loro percorso è scandito dai ricordi e dal gusto dei loro piatti preferiti che accompagnano i loro incontri, mai programmati e quasi sempre accidentali.

I dettagli                   

Leggendo il romanzo di Kawakami Hiromi non si può che rimanere affascinati dall’attenzione verso la natura e i suoi particolari. Con leggerezza e tocco lieve la scrittrice fa percepire al lettore l’amore nei confronti della natura e di ogni suo più piccolo dettaglio. Un oggetto del passato, una foglia ricoperta di rugiada o un tappeto di foglie secche diventano protagonisti della storia, ma senza necessità di enfasi. È tutto naturale come ammirare il paesaggio da una finestra, senza indagare sul prima o sul dopo, ma contemplandone la bellezza istantanea.

Lo sguardo sul mondo è diverso da quello della letteratura occidentale: non ci sono climax, colpi di scena, barocchismi o esagerazioni. Solo all’ombra o al silenzio il lettore percepisce cosa accade nel mondo e vive le stesse emozioni quotidiane che provano i personaggi. Il punto focale della storia non si concentra su cosa succederà, ma su come si verifica. Nella letteratura manga c’è un termine preciso ed è slice of life, letteralmente fetta di vita.

Paesaggio giapponese

Una storia d’amore

La storia d’amore che Kawakami Hiromi racconta è atipica. Si sviluppa nella confusione metropolitana di Tokio, che però non ostacola i loro incontri. Si muovono con delicatezza in una città caotica che cambia di pari passo con le fasi atmosferiche e con le stagioni.

È insolita nella raffinatezza con cui la solitudine di entrambi affiora lentamente. E anche nella temporanea lontananza sono l’uno la certezza dell’altro, nella distanza di età trovano completamento.

Rivolta verso il luogo dove il professore ora si trova, a qualche centinaio di metri di distanza, continuo a parlargli. Gli parlo mentre cammino lentamente lungo il fiume, con la sensazione di parlare alla luna.

Sara Noto Millefiori
Sara Noto Millefiorihttps://www.sistemacritico.it/
Metà ingegnere, metà umanista. Una laurea in ingegneria biomedica all’Università di Pavia e una magistrale in corso. Cammino sempre con un libro in mano e scrivo per trovare il mio spazio.

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