Come ogni mercoledì torna breaking news che vi racconta le notizie della settimana. La raccolta di Sistema Critico oggi inizia in Spagna dove si è tenuto un concerto con 5000 persone. Un esperimento per valutare come organizzare gli eventi dopo il Covid, una speranza per tanti. La news successiva ci porta a parlare dell’omicidio Khasoggi perchè la relatrice speciale delle Nazioni Unite che ha investigato sul caso ha ammesso di aver subito minacce di morte. Rimanendo su questo caso torniamo alla politica locale. In Italia, infatti, Renzi si è ributtato al centro delle polemiche difendendo il principe saudita. L’ultima news arriva dagli Stati Uniti perchè in Georgia è stata approvata una modifica al sistema elettorale definita razzista.
Sotto il palco per un esperimento in Spagna
Dopo l’Olanda è ora il turno della Spagna a cimentarsi con una sperimentazione clinica al fine di trovare un
modo sicuro per evitare focolai durante i futuri eventi di massa.
L’esperimento è stato effettuato questo weekend a Barcellona dove 5000 persone sono tornate a ballare e
cantare sotto un palco, in occasione del concerto della band indie rock spagnola Love of lesbian, presso il Palau de Sant Jordi. I possessori del biglietto e partecipanti dell’esperimento erano tenuti a sottoporsi a un test antigienico. Solo dopo aver ottenuto risultato negativo del test sarebbero stati ammessi al concerto, previo controllo della temperatura e forniti di mascherina Fpp2 .
Un team medico ha supervisionato tutta l’operazione e Joseph Maria Llibre, un medico di un ospedale a nord di Barcellona, si è già mostrato molto fiducioso nel successo dell’esperimento. Egli ha dichiarato all’agenzia AFP che l’evento si è svolto in modo “completamente sicuro”. Solo i risultati, che saranno disponibili tra 14 giorni, potranno confermare o smentire questa affermazione . Ciò che è certo, è l’urgenza da parte di tutta l’Europa di trovare una strategia che possa permettere ai grandi eventi di ricominciare ad essere una realtà e parte di una ritrovata normalità, già dalla prossima estate.
Callamard: minacce di morte all’investigatrice sul caso Khashoggi
“La minaccia dell’Arabia Saudita ai miei danni è stata sfrontata, si è verificata in un contesto di elevato livello diplomatico ed è stata resa pubblica, confermata dalle Nazioni Unite. Ma minacce del genere, intimidazioni quotidiane ben più gravi e violenze braccano tutti coloro che sono in prima linea nella difesa dei diritti umani.”
Questo il tweet del 26 marzo 2021 di Agnes Callamard, da lunedì nuovo Segretario Generale di Amnesty International, relativo alle minacce di morte di cui è stata bersaglio durante l’assemblea delle Nazioni Unite (tenutasi lo scorso gennaio a Ginevra, Svizzera).
Il caso
Dal 2018 Callamard ha investigato sull’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, pubblicando l’anno seguente un report contenente “prove credibili” sulla responsabilità del principe ereditario Mohammed bin Salman e di alcuni alti ufficiali. Il report definiva il caso Khashoggi “un omicidio internazionale”.
Stando ad un’intervista rilasciata per “The Guardian”, Callamard sarebbe poi stata informata da un collega interno alle Nazioni Unite delle minacce di morte espresse (per ben due volte) da un funzionario in occasione di un meeting con altre autorità. Qualora le Nazioni Unite non avessero “tenuto a bada” Callamard, avrebbe detto l’ufficiale, ci sarebbe stato bisogno di “occuparsi di lei”. Capo della commissione saudita per i diritti umani, Awwad al-Awwad è attualmente accusato di essere il responsabile delle minacce rivolte a Callamard. Awwad ha pubblicato una serie di tweets in cui smentisce severamente le accuse, avanzando la possibilità che il caso fosse stato messo in luce per “distogliere l’opinione pubblica dal grande lavoro che stiamo facendo per far progredire i diritti umani in Arabia Saudita”.
L’apporto Statunitense
L’amministrazione Biden ha pubblicato a febbraio un proprio report sul caso Khashoggi, nel quale si confermerebbe la responsabilità del principe Mohammed bin Salman. Tuttavia, l’ambasciatore saudita per le Nazioni Unite ha a suo tempo criticato i risultati statunitensi, invitando a “lasciarsi alle spalle questo raccapricciante omicidio” e sostenendo che non potesse essere confermata “senza ragionevole dubbio” la responsabilità del principe.
La reazione di Callamard
Il neo-Segretario Generale sembra non aver battuto ciglio sulla faccenda. Contrariamente a quanto accaduto in occasione delle minacce ricevute in precedenza, l’investigatrice ha solo adesso rilasciato i dettagli della vicenda.
“Sapete, queste minacce non attaccano con me. Certo, non voglio con questo attirarne altre, di minacce. Ma devo fare ciò che devo fare. Questa vicenda non mi ha fermata dal comportarmi nel modo che ritengo più giusto”.
Agnese Galli
Gli USA non hanno assolto bin Salman per l’omicidio Kashoggi
Ha fatto discutere un’affermazione dell’ex premier Matteo Renzi, incalzato da una giornalista sul caso Kashoggi. Il giornalista, saudita ma residente negli USA, era stato assassinato nell’ottobre 2018 in condizioni sospette mentre si trovava nel Consolato dell’Arabia Saudita in Turchia. Le circostanze dell’omicidio e del successivo occultamento avevano fin da subito lasciato ipotizzare un coinvolgimento del regime di Mohamed bin Salman, del quale Kashoggi era oppositore.
La posizione delle potenze occidentali era stata di ferma condanna, a cui però non erano seguiti interventi concreti. In particolare, gli USA di Trump hanno mantenuto un approccio prudente, in linea con le politiche del Presidente nei confronti del Paese. Diversa la situazione nello studio ovale con il neoeletto Joe Biden, che lo scorso 26 febbraio ha desecretato uno stralcio del rapporto CIA sull’omicidio, nel quale senza mezzi termini si accusa il principe ereditario di esserne il mandante.
La posizione internazionale di Biden sembra essere molto più dura di quella del predecessore, come testimonia anche l’accusa rivolta a Putin nei giorni scorsi.
Renzi e il “questo lo dite voi”
I rapporti di Renzi col regime saudita erano già stati oggetto di critiche in seguito alla ormai famigerata affermazione sul “nuovo Rinascimento” in atto, secondo il Senatore, nel Paese. Non giova quindi che Renzi abbia sostenuto che non ci siano prove del coinvolgimento del regime nell’omicidio Kashoggi. Tanto più che l’ex premier cita a sostegno di questa linea proprio le posizioni della Casa Bianca, che in realtà accusa espressamente bin Salman. Resta quindi accesa e ulteriormente infiammata la polemica. Da questa è anche scaturita una proposta di legge che vieterebbe ai rappresentanti delle istituzioni italiane di intrattenere rapporti professionali con potenze estere.
Juri Cattelani
La Georgia prova a bloccare il voto degli afroamericani
Ha fatto discutere in questi giorni la nuova proposta di legge Sb 202 approvata recentemente dalla maggioranza repubblicana nella legislazione locale della Georgia. Una riforma che ha cambiato il sistema di voto apportando alcune modifiche considerate dall’opposizione “razziste”.
La riforma prevede:
- l’obbligo di presentare documenti identificativi per votare,
- la chiusura anticipata dei seggi,
- la limitazione del voto per posta,
- il divieto di dare cibo ed acqua alle persone in coda ai seggi.
Quest’ultima è forse la modifica più assurda di una riforma che secondo i democratici e gli attivisti per i diritti degli afroamericani cerca di sopprimere in modo non troppo velato il diritto di voto dei più poveri, degli emarginati e proprio degli afroamericani.
La chiusura anticipata dei seggi andrebbe a penalizzare gli operai. L’obbligatorietà dei documenti identificativi, invece, penalizza i più deboli perché negli Stati Uniti non esiste una carta d’identità nazionale. Documenti certificativi di nascita o licenze, come la patente, sono facoltative e vanno richieste appositamente. Spesso per accedervi bisogna pagare e aspettare molto tempo e, nel caso delle categorie discriminate, non è detta che vengano concesse.
La risposta dei democratici
Biden ha subito definito la legge “un’atrocità” , ribattezzandola “la nuova legge Jim Crow”, quella che tra fine ‘800 e la prima metà del ‘900 aveva regolato la segregazione razziale degli afroamericani nel Sud. Non sono mancatele critiche dei movimenti per i diritti e una parte consistente dei democratici si è fatta subito sentire. La deputata locale afroamericana Park Cannon è stata arrestata dopo aver provato a bussare alla porta dell’ufficio. Poi è stata rilasciata, ma nel frattempo sui social network le immagini del suo arresto sono state paragonate a quelle degli arresti di tanti attivisti afroamericani negli anni delle lotte per i diritti civili.
I democratici stanno elaborando una legge federale per contrastare questa mossa della Georgia, dal momento che altri 20 stati a guida repubblicana stanno preparando leggi simili. La questione è già arrivata al Dipartimento di Giustizia, e si prevede che ci saranno lunghissime contestazioni legali da entrambe le parti.
Un enorme passo indietro?
Il governatore della Georgia Kemp l’ha definita “una legge necessaria per garantire elezioni regolari”. Trump ha esultato dicendo che “i repubblicani hanno imparato la lezione” e che “sarebbe dovuta arrivare prima”. La legge Sb202 è la risposta dei repubblicani al voto massiccio degli afroamericani che hanno determinato la vittoria dei democratici alle elezioni presidenziali, con uno scarto di soli 11mila voti. I repubblicani vogliono assicurarsi di non perdere le proprie roccaforti di fronte a cambiamenti demografici che vedono l’aumento sempre più consistente dei latinos e degli afroamericani rispetto alla popolazione totale. La legge è stata definita un grave tentativo di soppressione del voto e un attentato deliberato al Civil Rights Act del 1965.